Presentazione

Questo spazio, amici lettori, è dedicato a voi.


Nato inizialmente per presentare al pubblico il mio primo romanzo, La signora del borgo
, il blog ha registrato subito le prime recensioni dei lettori e si è arricchito successivamente di molti altri argomenti che non erano soltanto quelli relativi ai temi trattati nel romanzo. Col trascorrere del tempo il blog si è caratterizzato sempre più come uno spazio multitematico, riempito soprattutto dai tantissimi commenti dei frequantatori, alcuni dei quali veri e propri fedelissimi, presenti sin dalla nascita del blog e tutt'ora attivi.

La pubblicazione del secondo romanzo, La fucina del diavolo, anch'esso edito per i tipi di Bastogi, insieme con le immancabili recensioni, ha ulteriormente alimentato i temi di discussione, accentuando il carattere del blog di volersi presentarsi come spazio aperto ma anche con uno stile proprio. Uno stile che lo ha contraddistinto sin dall'inizio e che, per certi versi, lo ha reso unico fra i tanti spazi interattivi presenti nel web: moderazione negli interventi e mantenimento del confronto sul piano delle opinioni.

Tutti coloro che vogliono far sentire la propria voce sono dunque i benvenuti e tutti devono sentirsi liberi di trattare gli argomenti che ritengono possano essere di interesse degli altri partecipanti alla vita del blog. Riservo a me stesso il ruolo di moderatore, ruolo che, per altro e fino a ora, non ha mai avuto motivo di andare oltre l'invito a tenersi nei limiti tracciati dagli stessi frequentatori.

Bene arrivati a tutti, dunque, e fatevi sentire.

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Spizzicando nella quotidianità

9 Settembre 2011 - Pensiero del giorno

La vita è come un aquilone, legato a un filo tenuto dalla mano infantile del fato.


17 febbraio 2012

Il pensiero va a Giordano Bruno, arso in Campo dei Fiori. Da allora si sono spente le fiamme del rogo, ma non quella della libera investigazione sulla natura dell'universo e dell'uomo.


14 marzo 2012

All'essere umano non è dato scegliere se essere o no intelligente, in compenso gli è dato scegliere se comportarsi da stupido.


7 Aprile 2012

Agli amici del blog i miei auguri per un rinnovamento radicale del loro Essere e che questa luna piena di Primavera faccia risorgere in loro, risplendente di nuova luce, la gioia per la Vita nel e per il Bene.

Le interviste a Ennio Valtergano

La Signora del borgo è stata ospite di Container, il programma culturale di Radiogoccioline, la radio web a diffusione globale.

Per riascoltare l'intervista trasmessa da Radiogoccioline clicca qui


Servizio TV sulla presentazione di Reggio Calabria del 28.12.2010

Per gli amici che lo desiderino, è possibile guardare il servizio sulla presentazione del 28.12.2010 a Reggio Calabria.

Il servizio, completo di intervista, è stato trasmesso da ReggioTV nel corso del Telegiornale del 29-12-2010 ore 14.

Per guardare il servizio, entrare nella Home Page di RTV e cercare, dopo aver cliccato nel riquadro "Guarda il telegiornale", il tg del 29-12-2010 ore 14. Servizio TV sulla presentazione di Reggio Calabria del 28.12.2010

Leggi l'intervista all'autore e la recensione al romanzo pubblicate l'8 marzo 2011 sulla rivista on-line Mondo Rosa Shokking , a cura di Carlotta Pistone

http://www.mondorosashokking.com/Morsi-Dal-Talento/Intervista-a-Ennio-Valtergano/


http://www.mondorosashokking.com/Dalla-Libreria-Rosa-Shokking/La-Signora-del-borgo-di-Ennio-Valtergano/


Una nuova intervista è stata pubblicata al link sottostante

http://www.ilpiacerediscrivere.it/intervista-ad-ennio-valtergano/



sabato 10 luglio 2010

Un arazzo intrecciato sul filo del mito

A proposito di arazzi, oltre a quello citato dall'amico Il Rosso, vorrei portare all’attenzione degli amici del blog un altro e più antico esemplare di simili artistici manufatti, esemplare del quale si trova traccia nel corso del XV secolo grazie a un personaggio che “La Signora del borgo” menziona di sfuggita nelle primissime pagine. Il personaggio in questione è il Cavaliere Antoine de La Sale il quale, il 18 maggio del 1420, effettuò un’escursione sui Monti Sibillini, spingendosi sin nella grotta dove la leggenda voleva dimorasse la Sibilla Appenninica, la Domina, regina e protettrice della fate del luogo e dispensatrice di arcaiche conoscenze, legate in specie alle virtù medicamentose e terapeutiche delle erbe.
Antoine de La Sale pare abbia compiuto il viaggio nelle italiche contrade per dare seguito alle volontà espresse dalla duchessa di Bourbon, desiderosa di apprendere dalle voci popolari qualche notizia in più sulla misteriosa Sibilla e verificare inoltre che i monti del luogo, circostanti il Lago di Pilato, fossero quelli rappresentati nell’arazzo in suo possesso. In effetti l’arazzo riproduce, sebbene in modo stilizzato, il profilo caratteristico del Monte Sibilla e quello del Monte Vettore che si oppone al primo.
Ora, che il disegno di un arazzo abbia suscitato di per sé una tale curiosità nell’animo della duchessa Agnese di Bourbon, sino al punto di spingere il buon de La Sale ad avventurarsi in un viaggio lungo e dall’esito incerto, suona ben strano. A meno che non si dia credito all’ipotesi che l’eco della Sibilla Appenninica e l’alone di mistero che ne circondava l’icona avessero all’epoca assai più risonanza di quanto non si sia disposti a concedere oggi.
Tutto lascia perciò pensare che il fascino di un Femminino arcaico non si sia mai spento del tutto nel fluire del tempo e forse non è un caso che gli antichi alchimisti attribuissero alla loro enigmatica scienza l’attributo di Dama per eccellenza. Sarà anche per questo che, sempre secondo la leggenda, gli alchimisti portavano a consacrare i loro testi sulle rive del lago di Pilato perché, propizi il cielo stellato e la magica influenza della Signora, gli stessi testi dischiudessero i lucchetti che ne serravano i segreti e rivelassero ai loro possessori gli arcani di una Scienza altrimenti impenetrabile.
Fascino e magia di un tempo che fu.
Oggi l’essere umano è troppo distratto e troppo emancipato per prestar fede al mito e per dedicare un frammento della propria attenzione a testimonianze giudicate, forse con eccessiva disinvoltura, residui infantili di una umanità credulona.

75 commenti:

prof ha detto...

Sie sind die Besten. Per il momento e per chi guarda il Fußball.
Per chi invece si diletta con gli arazzi, ci narra il caro Ennio che la mandante del bravo cavaliere d’altri tempi fu Agnese: trattandosi di dama di Francia sarebbe giusto dire Agnès (o forse AGENS intesa come dama attiva nel promuovere attività). Povero Antoine, ci sarà rimasto di sale come il suo cognome (ma de La Sale è un cognome?) quando grazie all’impulso avuto dalla bella dama ciò che era immagine si fece realtà! E poi dicono che ai cavalieri giungevano i favori su un piatto d’argento…: lo sciocco ne avrà viste di tutti i colori prima di incontrare la Sibilla Appenninica.
Ma ch’io sappia quella grotta oggi è preclusa ai visitatori, salvo che questi umilmente si rassegnino a cercarla più in basso: là dove il dispregio dei superbi arrampicatori non vede che pietra senza valore e senza volto ,l’Amore potrebbe far trovare il senso dell’essere uomo e la coscienza di essere vivo. Ma attendiamo la finale. Nel calcio, si intende.

savio ha detto...

In Medio stat virus… Questo ci hanno detto i tedeschi alzando il dito quando ce ne siamo andati a-razzo dal Sudafrica. E con loro tutti gli altri

sciacca ha detto...

ahahaaa!!! ahiah...

milascolano ha detto...

Non amat veritas angulos. Ma i calciatori si...

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Prof, se "sie sind die Besten", wir sind... che cosa? La domanda appare legittima, specie dopo l'indecoroso commiato dal Capo di Buona Speranza, il cui nome augurale evidentemente aveva valore per gli altri e non per i nostrani strapagati e flaccidi principi della pedata. Temo che l'immagine del Medio agitata da Savio non sia allegoria di virtus (ma perché di virus?), quanto piuttosto di sberleffo e ciò nonostante resterei sorpreso, data l'usanza inveterata di attribuire alla sorte avversa ogni disfatta, se i nostri eroi in brachette e scarpette e preceduti dal loro trainer, andassero a nascondersi(in un angolo o in una grotta) per smaltire non visti l'onta del disonore. Per fortuna la grotta della Sibilla è inaccessibile e perciò impenetrabile a prosaiche quanto improbabili espiazioni. Dunque restano solo i comunissimi angoli e cantucci delle nostre contrade. I quali angoli, se è vero che non sono amati dalla verità, non lo sono neppure dai calciatori, salvo che non si tratti di calci d'angolo.
Ma ormai questa è storia che non ci interessa più direttamente, visto che - come annota Savio - si è andati via a-razzo.
A proposito di arazzi e grotte, come mai specus (caverna, grotta, antro) e speculum (specchio, immagine) hanno la stessa radice?

sibilla ha detto...

Ciao Ennio. Il tuo quesito a prof mi ha molto incuriosito ( a proposito prof, perché non hai ancora sfoggiato la tua cultura etimologica per sodisfare la nostra curiosità? ). Azzardo dunque che se la donna è lo specchio della natura forse le basta guardare all'interno del suo antro per leggervi ciò che la radice accomuna...
Alla presentazione di San Benedetto ci sarò anch'io e con molto MOLTO piacere mi gusterò La Signora del borgo nei suoi luoghi (o quasi) di origine e la felice occasione di sentire dalla viva voce dell'autore i commenti, le note, i pensieri di uno dei miei volumi più amati.
A presto dunque!!!

prof ha detto...

"Speculum" non è l'antro ma ciò che lo mantiene aperto. In tal senso è da vedersi l'etimo che associa l'acqua - forza capace di aprirsi canali all'acqua - superficie riflettente la luce.
Come ulteriore elemento di ri-flessione si può annotare che l'acqua del mare ha la stessa radice del nome Maria, con riferimento alle acque interne, simili a quelle del nostro bel Mediterraneo in cui è ancora possibile tuffarsi senza trovare il sangue della terra.
Buona estate.

prof ha detto...

Ieri sera, mentre gustavo con mio figlio alcune delle specialità della Casina del Tigli presso il parco della Villa Comunale di Chieti (celebre e inimitabile la pizza allo zafferano ma anche molte altre specialità di un cuoco degno del Gambero Rosso) ho avuto il piacere e l’onore di ascoltare Valtergano all’opera nell’introdurre i passanti e l’uditorio nel mondo della Signora e del suo borgo. Conosco e frequento la libreria De Luca che è il riferimento di molti studenti all’università di Chieti e ho apprezzato il contradditorio che ha ben reso l’anima del romanzo cui auguro molta fortuna: in special modo per le sue tematiche non sempre facili benché scorrevolil.
A te Ennio ho brindato con un bel bianco Terre di Chieti che mi rammarico non aver potuto condividere in quanto non abbiamo potuto seguire la presentazione sino alla fine, ma spero tu abbia potuto mostrare alla tua famiglia la pavimentazione di viale IV novembre con anelli concentrici su tutta la lunghezza che si dice simboleggino il DNA umano e su cui sono stati trascritti sonetti settecenteschi che val la pena gustare come cibo musicale.

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Prof, il rammarico è pari alla delusione. Apprendere ora della tua presenza a distanza di qualche metro e non aver potuto godere del privilegio di conoscerti di persona mi provoca amarezza. Conservo il ricordo di alcune persone sedute al tavolo alla mia destra intente a consumare la cena e a dedicare frequenti sguardi all'indirizzo del relatore. In particolare, conservo l'immagine, sfocata devo amettere, di un viso che si faceva spesso attento, ma mai avrei immaginato di avere a due passi l'amico Prof.
Che dire? Il ricordo di un volto non compensa il calore della stretta di mano che avrebbe potuto essere e non è stata. Spero che il destino mi sia magnanimo e rinnovi un'opportunità agognata da tempo... Anche dovessi tornare a Chieti solo per questo.
Un caro saluto.

prof ha detto...

Dear Friend, non rammaricarti per così poco. Avevo un aereo da Roma e un figlio che doveva rientrare a casa sua, anche se ha trovato piacevole la deviazione che gli ho fatto fare.
Credi pure, le nostre strade non sono come quelle che descrivi alla fine del tuo libro.
Buonanotte a te e all’Italia (io invece dovrò ancora aspettare la fine di questo lungo giorno…)

Ennio Valtergano ha detto...

Nell'attesa di raggiungere quanto prima il punto di convergenza che forse mai è stato così prossimo, saluto l'amico Prof che a quanto pare è di nuovo svolazzato oltre oceano e mi consolo nel pensare che altri amici del blog, pur se assorbiti dalle legittime e sacrosante vacanze estive, non abbiano abbandonato le italiche contrade. Chissà che insistendo nelle presentazioni non mi capiti di incontrarne qualcuno, sempre che non venga in mente ad altri di giocare a nascondino. Dev'essere infatti destino che gli amici del blog assistano alle presentazioni avviluppati nell'anonimato, usanza questa che, inaugurata da Cristina, mi pare stia prendendo piede in maniera preoccupante.
C'è qualcuno che sta pensando di intrufolarsi non visto fra i rari sfaccendati che presenzieranno alla presentazione di San Benedetto del Tronto?
Buona estate a tutti.

savio ha detto...

Se vedi un bell'uomo alto e con gli occhi azzurri, sguardo magnetico e fisico asciutto, ebbene QUELLO ... non sono io.

Ennio Valtergano ha detto...

E neppure io.

Milascolano ha detto...

Buon Ferragosto !!!

Ennio Valtergano ha detto...

Grazie, anche a te, Milascolano, e goditi il tempo della tua gioventù.

prof ha detto...

Sarà che vengo da un pranzo al Pomodoro Rosso (che raccomando a tutti i visitatori di New York), ma credo che questo ortaggio sia quanto di meglio abbia fatto l’America per il Vecchio Mondo. Dall’originario termine azteco tomatl, o meglio xitomatl, il pomodoro che gli Europei del Rinascimento consideravano velenoso è ora il cuore della cucina mondiale e, in particolar modo, italiana. Considerata pianta ornamentale perfino dagli indigeni peruviani nel 1640 giunse a mani del cardinale Richelieu come omaggio della nobiltà di Tolone. Nel 1762 ne furono definite le tecniche di conservazione in seguito agli studi di Lazzaro Spallanzani che, per primo, notò come gli estratti fatti bollire e posti in contenitori chiusi non si alterassero. In seguito, nel 1809, un cuoco parigino, Nicolas Appert, pubblicò L'art de conserver les substances alimentaires d'origine animale et végétale pour pleusieurs années, dove fra gli altri alimenti era citato anche il pomodoro.
Negli States l’affermazione che il pomodoro fosse commestibile trovò invece molte più difficoltà per la diffusa convinzione popolare dei suoi poteri tossici. Vuole infatti la leggenda che alcuni avversari politici di Abrahm Lincoln convincessero il cuoco della Casa Bianca a preparare una pietanza a base di pomodoro per avvelenarlo... ovviamente senza riuscirvi e anzi conquistando l’ennesimo appassionato del pomo anche noto come pomo dell’amore…

Anonimo ha detto...

pas pas
ho iniziato le leggere il tuo blog nel frattempo mi mangero una buona pasta al pomodoro :-) ho tre validi testi uno per gli ingredienti uno indica i tempi do cottura ed che insegna come aggiungere e come servire dovrebbe essere sufficente . il tutto sara servito su un comodo arazzo magari in compagni di madam agnes hai piedi di una montagna permettendo all'amore di permeare quel velo mostrando l'antro tanto agognato dalle umane genti .

Ennio Valtergano ha detto...

Buona sera, amici tutti.
Dopo l'ultimo intervento di Prof vi sfido a gustare la pasta al sugo con la stessa prosaica noncuranza di prima. Tuttavia bisogna ammettere che codeste primizie cultural-palatali rappresentano chicche gustosissime, anche per chi, come il sottoscritto, insieme a moglie e figlio, è emerso da poco dalle profondità telluriche delle spelonche nostrane. Purtroppo, nell'impossibilità di accedere alla grotta della Sibilla, si è dovuto ripiegare sulle grotte di Frasassi, presso Ancona... Spettacolo e sensazioni indicibili, unitamente alla consapevolezza di trovarsi nel ventre della Madre che ci ha generati e ci nutre con le sue sostanze, pomodori compresi.
Poi,siccome si era nei pressi, non poteva mancare una puntatina a Sassoferrato, nei luoghi di origine di Frate Anselmo, l'inquisitore travagliato e personaggio fra i più amati fra quelli del romanzo.
La figura del frate pareva aleggiare fra case e viuzze dell'antico borgo, forse a reclamare nuovamente la propria presenza in una prossima narrazione... Chissà...
Un saluto a tutti.

prof ha detto...

Eh si, caro amico: nel ventre della madre terra l'acqua porta le in-formazioni e ciscun pezzo di roccia risponde per la propria composizione sciogliendosi in una diversa forma. Anche i pomi d'oro nascono da coltivare.
Quanto ad Anselmo... la ragione, se è tale, non può mai essere fallace. Se lo è, non è più ragione ma distorsione o, più comunemente, torto.

savio ha detto...

Quando si entra nel ventre della madre terra bisogna stare attenti a coprirsi la testa, altrimenti le in-formazioni che passano… restano e bisogna mantenerle… fino alla maggiore età.

ilrosso ha detto...

Forse non tutti sanno che il Premio Celeste (nato per promuovere l’arte contemporanea) ha visto l’anno scorso come vincitrice un’opera dedicata alla Madre Terra. SEGNO TANGIBILE che anche l’atteggiamento del pubblico e della critica sta cambiando. L’opera, fra l’altro, era di una brillante cinquantenne (Cinzia Rizzotti) di cui consiglio di visitare le mostre.

Michela ha detto...

Ho comprato il libro mentre ero in vacanza e l'ho finito adesso dopo il primo giorno di lavoro. Bello. Ma di che gruppo fanno parte Eliside e Giselle? Esiste storicamente? Dove se ne possono trovare notizie? Ciao e grazie.

Ennio Valtergano ha detto...

Prof, Savio e Il Rosso mi perdoneranno se cedo la precedenza a Michela, ultima arrivata nel nostro blog, alla quale rivolgo il più caloroso benvenuto.
Cara Michela, il gruppo cui fanno parte Eliside e Giselle è di fantasia, sebbene si ispiri a un movimento storicamente accertato, "La Società di Diana", operante circa due secoli addietro. Tuttavia, l'idea di un'organizzazione iniziatica coniugata al femminile non è del tutto fantasiosa (per questo ti pregherei di rileggere quanto ci riporta lo stesso Prof in alcuni interventi precedenti), anche se la cultura millenaria patristica ha sempre relegato in subordine la figura della donna, tanto più se espressione di un Femminile autonomo e compiuto in sé e di per sé.
La Madre Terra è un simbolo di tale visione (e non solo un simbolo) e forse varrebbe davvero la pena cercare quel SEGNO TANGIBILE cui accenna l'amico Il Rosso, in grado di indirizzare l'essere di buona volontà verso il "Premio Celeste" che spetta di diritto a chi sappia ricongiungersi con la Matrice di ogni forma. Che poi le in-formazioni che ci ricorda Prof si prestino anche alle arguzie linguistiche di Savio, nulla toglie alle meraviglie di una natura che non tradisce i propri figli più sinceri. Il mondo è mondo. Ovunque e comunque.
Una domanda: in quale luogo di vacanza eri?
Fatti risentire presto, Ennio.

milascolano ha detto...

Caro Ennio, che nel tuo libro guardi spesso il cielo con i tuoi personaggi. Se stai scrivendo il seguito ispirati all’11 settembre che verrà, poco dopo il tramonto del Sole, quando la congiunzione Luna-Venere ci regalerà l’emozione di una sottile falce di Luna affiancata al pianeta più anarchico del sistema. E al 18 settembre, Giove e Urano saranno letteralmente appiccicati tanto che inquadrando con il binocolo il primo basterà salire di poco per vedere anche l’altro.
Felici notti …

Savio ha detto...

La cosa che preferisco di Venere sono i monti. E non c’è da stupirsi che poi, di notte, là vicino, ci sia il crescente. Si sa che a Napoli, sotto il cielo, abbiamo il Vesuvio, e hai voglia di guardare col cannocchiale!

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Milascolano, il cielo ha di nuovo a che fare col seguito della storia, nel senso che un fenomeno celeste realmente accaduto offre lo spunto sul quale si innesta la vicenda del secondo romanzo... ma non posso anticipare di più, anche perché temo che Savio, in agguato come sempre, trovi modo per sbizzarrirsi nelle sue allusioni poco astronomiche e piuttosto... fallaci.
A proposito, Savio, che che ci azzecca il Vesuvio col cannocchiale?

savio ha detto...

Chiarisco… Quando il Vesuvio è fallace è meglio star dietro a un binocolo che vedere il monte di Venere a occhio nudo…Beninteso, quando è fallace.

prof ha detto...

Caro Ennio e amanti della Signora del borgo buona domenica a tutti!
Devo ammettere che a volte la lontananza dall’Italia si fa sentire… specie quando la televisione di stato del belpaese mi dicono trasmetta – in un raro momento di illuminazione – il Rigoletto. Sarei stato in effetti curioso di sentire Domingo al posto di Tito Gobbi, di Bruson o di Nucci, interpreti che hanno fatto dal ‘gobbo’ una seconda pelle, specie nel III Atto nell'aria a quattro. (Chissà se il Cavaliere potrà scriverci qualcosa anche a proposito del tenore lirico leggero su cui molti di qua dall’oceano avanzano dubbi?). Dal canto mio posseggo solo due edizioni: chailly/ nucci/andersonn/ pavarotti e kubelik/dieskau/scotto/bergonzi.
E cambiando argomento, mi rivolgo al Padrone di casa per consigliargli la partecipazione del suo romanzo primo a qualche concorso, nazionale come internazionale. Non ho avuto notizia di tue iniziative in tal senso mentre mi permetto, molto umilmente, di caldeggiarle: sono un ottimo modo per pubblicizzare un valido autore senza troppi agganci (come pare essere il caso, ma potrei sbagliarmi).
Read you later e buon proseguimento di giornata.

il cavaliere ha detto...

Buongiorno Prof. Condivido appieno la tua opinione sui rari momenti di illuminazione in un paese che deve tutto all'arte. Per quanto riguarda l'opera, non mi ritengo un grande intenditore e quindi mi astengo dall'esprimere un preciso commento sul Rigoletto. Ma nonostante ciò, non posso fare a meno di unire i miei dubbi a quelli che in America ascoltano il tenore leggero nell'intepreazione del Duca. Infatti, mi pare alquanto insolita l'idea di far cantare questo tipo di cantante lirico in un'opera verdiana. Forse la scelta sarebbe stata più appropriata in un'opera di Donizetti o Rossini.

prof ha detto...

Purtroppo noi dovremo attendere il Natale per vedere questa gemma d'Italia... Esprimerò il mio commento allora. (Ennio perché non vai a Cattolica?)

il rosso ha detto...

Per l’intanto, pur non essendo un melomane, apprezzo il fatto che Palazzo Te, Palazzo Ducale e la Rocca di Sparafucile a Mantova entreranno nelle case di milioni di persone in tutto il mondo.

savio ha detto...

Io vorrei solo essere come il duca di Mantova…

sciacca ha detto...

Molto umilmente anch’io mi domando se non c’è un modo di capire quello che dicono quando cantano… La musica è bella ma anche con i sottotitoli è difficile da seguire. (Savio sei il solito p...!!!)

cristina ha detto...

Non c’è molta differenza fra come si canta nell’opera e come canta Tiziano Ferro… Basta farci l’orecchio!

milascolano ha detto...

Si. Praticamente uguali!!!!

boiardo ha detto...

(Savio) egli è un buffone,
Che dà diletto a tutta nostra corte;
Non guardare a suo dir, né star per esso...

smorfia ha detto...

Il buffone 41 gobbo 13 baritono 55 maledetto 78 viene tradito 16 e il donnaiolo 31 se la gode… Chi nu stima lu scuorno nu teme lu cuorno.

Ennio Valtergano ha detto...

Eccomi, amici! Dunque, vi siete subito scatenati e tutti qui nel blog... si vede che le vacanze sono terminate. Da dove comincio?
Per non far torto a nessuno, seguo l'ordine di entrata, come si faceva nei titoli di coda delle commedie televisive di un tempo.

Caro Prof, hai ragione: non ho agganci e tuttavia non ho attivato iniziative nel senso che tu dici perché ho sempre pensato che fosse compito dell'editore. Ma si vede che così non è. Vedrò di fare qualcosa, ma perché Cattolica?

Concordo col Cavaliere: mi piace Domingo nella parte di Rigoletto, ma non trovo adatto un tenore leggero. Per il resto, come bene annota Il Rosso, l'occasione di far entrare nelle case di milioni di persone sparse nel mondo (noi stessi compresi) alcune nostre rarità non andava perduta.

Per Sciacca, Cristina e Milascolano: l'orecchio musicale va educato, come direbbe il Cavaliere, e anche le parole di un'opera, col tempo, diventano intelligibili. Confermo che talvolta mi capita di avere difficoltà a distinguere parole di canzoni cantate in italiano e ricordo che eguale difficoltà trovai con una canzone di Mina di molti anni fa, intitolata, mi pare, "Vorrei sapere perché".

E da Mina, alla mina vagante di Savio, che vede le cose sempre dallo stesso lato, talvolta persin buffo. Forse è per questo che l'amico Boiardo ci ripropone i suoi versi, nei quali trovo quanto mai appropriato il riferimento al fatto che il nostro buon Savio pare si sia assunto il compito di allietare la corte. La quale corte, se l'analogia è corretta, dovrebbe essere appunto questo blog. Ma in tal caso il duca di Mantova sarei io, con tutto quello che ne consegue, compresa la codifica numerica data da Smorfia. E non credo proprio che la mia signora ne andrebbe lieta.
Allora, amici, torniamo a noi oppure devo redigere un altro post?. Così, tanto per cambiare argomento.
Un saluto a tutti voi.

maria ha detto...

Domingo: un tenore a fine carriera. Julia Novikova: bravissima. Le altre voci? Appena sufficienti. Sono una soprano e non ho pretese di pontificare ma davvero era evidente a tutti coloro che se ne intendono appena un po’.. Infelice l’uscita di Mehta che rovina l’immagine dell’Italia madre d’arte. C’erano altri momenti. E in America si poteva vedere tramite Sky…

partenopeo ha detto...

Ennio Ennio… Attento! Hai detto che la tua signora non ne sarebbe lieta ma… tu? A volte l’intenzione viene fuori anche se alla lunga.

savio ha detto...

Partenopeo: tanto lento nel capire quanto – probabilmente - veloce nel venire… incontro alle donne. È un caso disperato.

sciacca ha detto...

Se savio è il buffone Partenopeo è… il guardone del blog. Zitto in attesa… di chi? Ma rileggiti La Signora del borgo e diventa come Don Costanzo. Almeno quello sapeva pensare!

il re ha detto...

Io mi chiedo come possa essere così paziente il nostro amico Ennio. Ma, in effetti, non avrebbe neanche lontanamente bisogno di misurasi con uno come partenopeo. Purtroppo esistono le persone che hanno un organo che o non sanno più usare o che li rende schiavi. E queste persone si distinguono fin dal primo momento.
Ma sì. Festeggiamo, anzi, chi fa risaltare ancora di più l'intelligenza di chi sa usare la testa!

Ennio Valtergano ha detto...

Ciao Maria, bentornata nel blog (sempre che tu sia la stessa che in un intevento precedente scrivesti a firma di Mariangela).
Non entro nella querelle seguita alle esternazioni del maestro Mehta: ciascuno è responsabile delle proprie affermazioni, le quali sarebbe opportuno fossero sempre circostanziate da dati e fatti, dati e fatti che ignoro e quindi mi astengo da ogni giudizio.

Bentornato anche a Partenopeo, che vede quel che vuol vedere, comprese intenzioni a suo dire "malintenzionate" e a mio dire del tutto inesistenti. Ma sono punti di vista, e dunque opinabili.
Opinabile non è invece il rispetto per la persona e perciò mi vedo costretto a chiedere (di nuovo) di non lasciarsi andare a valutazioni e a commenti personali. Ciascuno deve sentirsi libero di esprimere il proprio punto di vista e ricordo che alle opinioni si contrappongono altre opinioni, magari meglio argomentate.

prof ha detto...

Per Ennio: a Cattolica c’è un premio letterario interessante.
A proposito della querelle: è una questione di livelli. Ognuno utilizza gli argomenti che conosce sulla base di quanto percepisce. Mehta si è sentito toccato come direttore d’orchestra e Bondi come governante. La sostanza è che l’Italia vive della sua immagine artistica molto più che della sua immagine industriale.
Poi… Per Partenopeo, credo che la donna, QUALUNQUE DONNA sia personificazione della Natura ben oltre la visione dell’uomo. C’è chi dalla Natura trae la scoperta delle staminali e chi lo spunto per ripiegarsi su sé stesso. È, ripeto, una questione di livelli: altra caratteristica prettamente maschile perché Natura non fecit saltus.
Per Maria e il Cavaliere… Grazie e attenderò di partecipare al pubblico.
A voi buona serata.

prof ha detto...

Natura non facit saltus

Ennio Valtergano ha detto...

Grazie, Prof. Molto ben detto. E grazie anche per contribuire a stemperare toni che talvolta, sotto la spinta della passione, si accalorano un tantino, anche se, lo devo ammettere, a giovarne è la vivacità del blog.
Un cordiale ciao a tutti dal vostro Ennio.

Il Rosso ha detto...

Segnalo alla vostra attenzione la mostra che Giulia Spernazza terrà a Roma fino al 7 ottobre e che mi pare bene introdotta da queste parole del grande Casorati: “Quanta poesia nelle cose immobili…! Vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose mute ed immobili, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi…. La vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore e non di affanno….”. Solo la parte matricale di noi che è la più vera e archetipica può riconoscere la vita nella pietra e intuire il mistero del femminile. Mistero che si può pitturare, scoprire e disegnare ma che la parola spezza inesorabilmente. La donna è più facilitata a coglierlo se arriva a essere sufficientemente donna da sentire di non dover apparire perché le basta essere. Noi uomini dobbiamo contentarci di contemplarlo e proteggerlo: solo così ci è dato tramandarlo.

Ennio Valtergano ha detto...

Anni addietro ebbi modo di vedere dal vivo alcune opere di Casorati e ne apprezzai lo stile, essenziale e pulito, e la delicatezza dei cromatismi. Vi trovai un che di estatico nel suo modo di osservare e rendere su tela i soggetti ispiratori; in particolare fui colpito da quella sorta di distacco pudico che pareva avvolgere le figure femminili e i nudi, sino a renderli "immobili", ma non per questo meno vivi.
Qualcosa di Casorati mi pare di vedere anche in parte dell'espressione artistica di Giulia Spernazza, ma ciò che si può cogliere dal web è troppo poco per sostenere un accostamento simile.
Sono per altro d'accordo con l'amico Il Rosso là dove afferma che solo la nostra parte più vera e archetipica può intuire il mistero del femminile. Può darsi tuttavia che la natura, nella sua munificenza di Madre giusta e generosa, non abbia negato a noi maschietti, suoi figli irrequieti e troppo spesso prevaricatori, la possibilità di riconoscere e riconoscersi in quel tanto di femminile che pure non ci è estraneo e, in virtù di quello, reintegrarsi, o aspirarvi quanto meno, nel Femminile eterno e immutabile.

Chiara Gorrini ha detto...

Chiedo scusa ma pur avendo apprezzato il libro “La signora del borgo” – avevo cercato il blog per i complimenti oltre che per la curiosità – adesso non posso fare a meno di sorridere per la pretesa tutta maschile di capire le donne, giunta dopo aver fatto di tutto per sostituirsi a loro nella società, nella famiglia, nella procreazione (si cerca l’utero artificiale) e adesso anche nell’anima…: è davvero troppo! L’uomo non può capire quello che non è o non è più (avete perso o no il pezzetto di Y che vi dava la seconda X?). Il professore, l’artista, lo scrittore non me ne vogliano ma la donna non si può capire né afferrare con i ragionamenti né con gli stupri. Si può solo amarla, ma bisognerebbe essere capaci della sua generosità e del suo disinteresse personale (parlando di donne e non di sciacquette, s’intende).
Auguri e ancora complimenti per il romanzo.

Ennio Valtergano ha detto...

Un sincero benvenuto a Chiara e un altrettanto sincero grazie da parte dello "scrittore" per i complimenti.
Nulla di cui scusarsi: la libera espressione del proprio pensiero vuole essere la dominante di questo blog.
Non pretendo di sostituirmi agli amici da te menzionati (spero mi consentirai il "tu"), ma posso parlare per me stesso e, nel farlo, mi appoggio a quanto detto nei tanti interventi precedenti (compreso quello nel quale avevo appunto ipotizzato che la comparsa del cromosoma Y, responsabile della distinzione sessuale, fosse originato dalla perdita di un minuscolo segmento di quello X).
Nessuno pretende di capire - e tanto meno afferrare - la donna col ragionamento (men che mai con gli stupri, neppure verbali): la donna va innanzi tutto rispettata nella dignità della sua natura profonda, prerequisito essenziale per amarla poi con disinteresse. Tuttavia ammetto che in generale il maschile è ancora lontano dal raggiungimento del requisito minimo, quello del rispetto, e perciò anche l'amore generoso e disinteressato per lei resta di là da venire. Questo blog sta cercando, col ragionamento, non avendo altri strumenti disponibili, di stimolare l'attenzione verso il problema, nella speranza che muti anche qualcosa nella "sensibilità radicale" atta a propiziare un modo nuovo di accostarsi al femminile e, quindi, alla donna.
Torna a trovarci, sarai sempre la benvenuta.

prof ha detto...

Trovandomi chiamato in causa, appena collegato eccomi a rispondere. Domani sarà un giorno difficile qui anche se ci sarà chi comunque è più attratto dalla settimana della moda che dalla commemorazione. Triste vedere che si lotta contro i simboli di questa o quella religione, di questo o quel morto: comunque è l’umana specie che esce perdente dalle guerre… né se ne perde la memoria nel Gran Tutto.
Alla commentatrice de La signora del borgo – di cui ammiro il gusto per le buone letture e condivido l’idea di una trasformazione genetica che ha portato agli attuali due sessi – posso solo portare a osservare che l’uomo più evoluto non può prescindere dal portare i colori della sua Dama il cui onore difende nelle proprie cellule prima ancora che esternamente.
Del pari, la Donna che sia divenuta immagine della Natura Naturante è nell’uomo che trova il ponte verso il sociale e l’espressione tangibile del proprio intento… Ma questi sono discorsi filosofici che verrebbero apprezzati da Elemir Zolla ma forse annoiano chi il femminile già lo incarna.
Porgo perciò i saluti a la buonanotte alla mia terra natiia, Italia bella e regina di Roma come Dio (o dea?) la creò.

Ennio Valtergano ha detto...

Mio caro Prof, quando metafora del simbolismo e realtà fisica (organica?) si compenetrano come nello scritto testé postato, non si può né si deve aggiungere altro, ma sostare e riflettere, riflettere e poi ancora riflettere.
La Natura è specchio anche per questo.
Un abbraccio transoceanico.

Savio ha detto...

Quando si ha a che fare con le donne capita spesso che anche il nmeno evoluto ne veda di tutti i colori…

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Savio, per le questioni cromatiche sei pregato di rivolgerti all'amico Il Rosso, sempre che lui abbia voglia di seguirti nella prospettiva... capovolta da te indicata.

aperegina ha detto...

Complimenti all’autore per l’avvincente trama letteraria del suo libro e infiniti auguri per un sempre più crescente successo editoriale. Ma traggo spunto da quanto scritto dalla dott.ssa Gorrini, che premetto di non conoscere personalmente, per esprimere anch’io in questo simpatico blog la mia opinione al femminile su ar...azzi, trame e orditi. Innanzi tutto ritengo che la parola “rispetto”, tanto cara al padrone di casa, sia insufficiente come punto di partenza per l’approcciarsi da parte di un uomo nei confronti della donna in quanto un termine inflazionato e viziato dalla convenzionalità interpretativa che lo annovera per lo più nel pedissequo elenco dei valori umani socialmente condivisi. Inoltre, nonostante mi sforzi, non riesco proprio a gradire certe espressioni pontificali di prof, né tanto meno il suo “protettorato” cavalleresco verso “amanti invisibili” di zolliana memoria…Nella mia ormai non più breve vita posso presuntuosamente affermare di aver vagliato sulla pelle numerose tipologie, apparentemente diverse, del genere maschile per giungere alla conclusione di considerarle null’altro che maschere aborigene di un’unica follia prevaricante.
Per conoscere qualunque cosa non può esistere altro modo che essere quella cosa: tu uomo, donna non sarai mai e, se fossi quantomeno onesto con te stesso, potresti smetterla di rincorrere, col tuo stalking ossessivo, la Fata Morgana che altro non è che un fenomeno ottico e non una realtà a te accessibile. Caro e passionale autore, a quando il tuo “Il Signore del Borgo”?

prof ha detto...

Buongiorno al signore della Signora del Borgo e alle sue lettrici... sempre più agguerrite.
Un libro, specie un romanzo, ha quasi sempre l’obiettivo di essere gradito nel momento in cui si pone in risposta di una ricerca di mercato; laddove invece si pone quale espressione libera di un’intima verità la veste divulgativa viene assunta solo per velare quella stessa verità che il sociale (e il rispetto) vieta come tutto ciò che è nudo. Così è l’opera del nostro; così il commento da me fatto.
Gli aborigeni sono sicuramente più vicini alla verità di quanto non lo sia l’uomo civilizzato: essi sanno di usare maschere che noi invece abbiamo integrato sottopelle e che ci rendono follemente prevaricanti, ma… C’è un’altra follia, cui si deve dare coscienza, ed è la follia verso l’amante: visibile agli occhi è in realtà sempre invisibile al concreto perché si ama l’amante che ci entra dentro e non quella in cui crediamo di penetrare.
Gentile Aperegina che rivendichi un matriarcato fonte di ordine e miele, devi sapere che l’uomo non è ciò che si vede così come la donna non è ciò che si crede e non puoi dire di conoscere ciò che tu stessa non sei. Invece credo di condividere con Ennio l’auspicio che la Donna di domani possa, nel riconoscersi tale, ri-conoscere anche l’Uomo cui porgere il frutto della conoscenza perché in lui, come in lei, il Femminile è unico anche se si sdoppia nella proiezione dell’incanto.
Gentile regina, forse un poco turbata da una vita troppo moderna, la Fata Morgana è una realtà non un fenomeno ottico.
Con profondo ossequio.

Ennio Valtergano ha detto...

Un benvenuto cordiale e ...mieloso alla nostra Aperegina, sempre che nel frattempo non sia sciamata definitivamente altrove seguita dalla sua corte di api.
Nel porgere il mio grazie più sincero per i complimenti generosi, non posso esimermi tuttavia dal formulare una considerazione di ordine generale.
Una convinzione profonda, tanto più se radicata per effetto di un'esperienza di vita praticata con genuina predisposizione alla "comprensione", per quanto soggettiva, è verosimile che acquisti valore assoluto per lo meno per colui il quale se ne fa portatore. Dunque, è altrettanto verosimile che la manifestazione di tale convinzione si vesta di toni "pontificali", esattamente come accade ai alla nostra Aperegina nella parte conclusiva della sua appassionata presa di posizione. Sono anch'io, come lei, convinto che il rispetto sia insufficiente per approcciarsi al femminile in modo appropriato e, proprio per questo, ho parlato di requisito minimo e non di requisito sufficiente.
In ultimo, vorrei sgombrare il campo da possibili vane attese eventualmente sospinte dall'ultimo quesito della mia "passionale" ammiratrice: mai, da parte mia, vedrà la luce "Il Signore del borgo" (sempre che qualcun altro, involontariamente ispirato dalla nostra, non provveda ad appropriarsi del titolo). Concepire un romanzo che intenda contrapporre un universo maschile a quello femminile è quanto più lontano si possa immaginare dalle mie aspirazioni. Non di meno, gli spunti offerti al riguardo dalla nostra gentile ospite mi hanno indotto a riprendere l'argomento in modo più articolato. Cosa che sarà fatta a breve in un post dedicato, cui rinvio Aperegina, gli amici frequentatori del blog e... i fuchi eventualmente superstiti.

apebottinatrice ha detto...

Salve a tutto il blog e all’amico Ennio che, con i suoi sospetti, ha saputo incuriosirmi e stanarmi, chiamandomi in causa per un parere, da un’ottica tutta al femminile, sul post di Aperegina.
Sono una sua, diciamo, ammiratrice e compagna d’avventure escursionistiche in quel dei M.ti Sibillini. Mi dichiaro, inoltre, appartenente a quell’universo femminile un po’ eretico, un po’ fatato e un po’ stregonico così ben tratteggiato nel romanzo “La Signora del borgo” e di Sibille vere o presunte ne ho incontrate tante sul mio cammino. Ma è la prima volta che mi capita di imbattermi in un’ape regina! In verità le ho sempre scansate, visto che oltre ai fuchi sono solite fare secche anche le loro eventuali concorrenti e per giunta ad armi impari, cioè prima ancora che possano volare. Ma si intuirà dal nickname prescelto che, pur rivendicando la mia erratica indipendenza nel bottinare di fiore in fiore e il mio appagante status quo, come ape operaia non posso esimermi dal difendere la regina, quanto meno in linea di principio, e devo dire che mi sono sembrate poco “carine” e alquanto risentite le reazioni postate, specie da prof.
Forse sarebbe stato più utile al blog formulare delle domande chiarificatrici a questa enigmatica neofemminista, piuttosto che secche pasticche edulcorate dal bon ton! A volte, e lo dico anche per mia esperienza in altri blog, nell’arco di un post non è semplice far comprendere ciò che sinteticamente si vuole esprimere, e conviene perciò a chi legge essere interrogativo, piuttosto che responsivo. Ad esempio, personalmente, avrei voluto porgere ad Aperegina le seguenti domande:
1) Per “maschere aborigene” cosa vuole intendere?
2) Donde ha tratto l’aforisma che “per conoscere una cosa bisogna essere la cosa stessa”?
3) Su che base poggiano le sue certezze sull’impossibilità di una androgenia o ginandria come ipotesi unificante degli esseri di ogni “genere”?
4) Ritiene forse la fata morgana un miraggio per gli uomini e un contatto reale possibile solo per le donne?
Speriamo che Aperegina abbia voglia di replicare e non sia sciamata altrove… sarebbe un vero peccato privare il bel coro di questo blog di una voce sovracuta da soprano da inserire nel duetto protagonista di tenore e baritono!
Molto modestamente, da apebottinatrice, preferisco surgere nettare nei giardini coltivati esclusivamente da fate e sibille, così rischio di meno e… godo di più!
Ciao Ennio, cavaliere senza macchia e senza paura, torna presto sul fatidico monte a raccogliere i migliori auspici della Sibilla per il tuo prossimo libro sulle Dame dei tuoi sogni. (Sappi però che se per caso ti venisse voglia d’intitolarlo a qualche “Signore”, noi Sibille non lo leggeremo!!!)

savio ha detto...

Io conoscevo il furgoncino usato dai contadini, ma queste api di ruote che girano ne hanno più di tre. Almeno l’operaia evita di pungere perché lo sa che ci rimetterebbe il pungiglione… Prof invece ci ha rimesso un po' la faccia perbene (mi pare Ennio, mi pare). Bel metch. Hehehe!!!

Ennio Valtergano ha detto...

Entro nell'alveare in punta... d'ali, per non intralciare l'attività laboriosa delle operaie e non stuzzicare la vigile supervisione della regina.
Saluto con simpatia e sorpresa l'intervento di Apebottinatrice con la quale, oltre alle avventure escursionistiche di ieri, mi trovo a condividere oggi la considerazione su quanto sia difficile esprimere nell'arco di un post un pensiero compiuto in ogni sua sfumatura e in maniera tale da non suscitare il benché minimo fraintendimento. Ciò per altro non inficia, anzi enfatizza, l'aspetto metodologico suggerito dalla nostra pur indaffaratissima ape bottinatrice, secondo cui sarebbe stato preferibile comunque disporsi in atteggiamento interrogativo piuttosto che responsivo. Occorre prenderne atto e con ciò fare proprie le questioni, puntuali e centrate, poste nell'ultimo intervento, nella speranza che non restino senza una risposta, tanto attesa quanto utile all'armonia corale del blog.
Per quanto riguarda me, cavaliere a malapena smacchiato e non senza qualche prudente timore residuo, tornerò quanto prima sul fatidico monte, badando bene a non irritare la Sibilla con un titolo - e un contenuto - inopportuno.
Posso bene immaginare il rischio che si correrebbe qualora la Sibilla si rivelasse prescrittiva e giudicante oltre che responsiva.

prof ha detto...

Caro Ennio, cavaliere smacchiato a malapena, mi trovo a discorrere di api nel confortevole salotto del tuo borgo dove argute commentatrici e spumeggianti paladine si alternano di contorno a Dama Eliside e debbo dire che è un ben piacevole discorrere come non ne ricordo da diversi anni.
Terrei quindi a osservare che le api operaie-bottinatrici, lungi dal prendere le parti della regina, difendono il solo alveare e decidono di volta in volta se dare in pasto la coronata ovidepositrice o proteggerla dagli assalti delle neonate col blasone. Vorrei inoltre sottolineare che sono tutte potenziali madri le api operaie… le quali si conservano sterili solo leccando il corpo della regina ricco di ferormoni. E, ancora e poi,possono,le operaie, riprodurre sé stesse o generare regine per partenogenesi.
Infine, si deve dire che un'ape nasce da uovo da parte di madre e sperma da parte di padre (non acquisito ma solo raccolto durante il volo): ma a discrezione della volontà alveare, la regina potrà provvedere anche diversamente e, vero Femminile che si sdoppia nella proiezione dell'incanto, disdegnando la spermateca generare un fuco dall’aploide che ha solo il patrimonio genetico della madre.
Dunque dunque, vediamo di ricapitolare. La cara Apebottinatrice che sugge solo dai giardini coltivati da fate e sibille è una erratica indipendente (o meglio autonoma?) che conosce la ginandria e non vuole esser fatta secca (sa quindi di esser regina potenziale ché solo le regine corrono il rischio vero). Trattasi quindi di vergine che in veste di operaia frena il suo canto per non farsi scoprire e conservare la possibilità di figliare ed errare al tempo stesso. Non stupisce quindi che abbia accompagnato Ennio nelle escursioni sibilline, né che sappia distinguere al contatto se trattasi di Donne in avvenire o di Sibille: nel petto di queste ultime alberga infatti il dio che, là dove l’ape è regina, assume tonalità fra il sol e il la (Charles Butler l’insegnava già 500 anni orsono). La stessa pulsione che fa muover le ali produce, nel torace, il vibrante canto inconfondibile che si modula qualora le ali l’accompagnino o si acutizza se le ali sono ferme.
Spero pertanto di rileggere Colei che pur avendo voce sovracuta da soprano vive nella tana e gode nel secreto: fui compagno privilegiato di una creatura simile ed è con gioia che ne riascolto l’eco fra le ammiratrici del nostro Ennio... : signore per Signora ancor pieno di Pan-ico. Residuo, s'intende.

Ennio Valtergano ha detto...

A tutti gli amici del blog: pazientate ancora un pochino. Come da promessa, sto preparando il nuovo post che conto di pubblicare questa sera stessa.

savio ha detto...

Hai cancellato l'intervento di prof che era comparso: fra il tenore e il baritono vince l'operaia?!

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Savio, come vedi l'intervento di Prof è stato prontamente recuperato (finito chissà come mai fra i messaggi spam).
Non credo sia da cercare un vincitore fra tenori e baritoni o fra operaie e regine, anche perché non è in atto una disfida ma un fecondo quanto esaltante confronto.

aperegina ha detto...

Credo di sapere chi si cela dietro il nik di apebottinatrice… Salute a te, Sibilla errante! Sono stata tentata di risponderti privatamente e, se non l’ho fatto, è stato unicamente perché conosci già le mie risposte.
Mentre, al padrone di casa e al suo amico apicoltore ribadisco il mio personale fastidio nel sentirli disquisire così pretestuosamente sul Femminile: ben vengano gli uomini che sanno osservare e descrivere donne e amanti in versi e in prosa (fra cui annovererei volentieri il nostro Valtergano), o fissarne le fattezze e un lampo di luce fuggente in un’opera d’arte (e qui il rosso si potrebbe sbizzarrire nell’elenco), oppure divertirle strappando loro un ammiccante sorriso (come sa fare savio con le sue “battutacce”).
Ma è quando mi pare di intuire la loro pretesa, o anche solo l’aspirazione, a volerne cogliere l’essenza e penetrarne l’arcano senso, che divento diffidente!
Giacché anche il più nobile degli intenti dichiarati con il quale il maschio si accosta al Femminile, mira comunque a denudarlo, a espropriarlo del suo mistero, a rapirne (e gli esempi mitologici in tal senso sono numerosi quanto emblematici) la speculare immagine, per condurla o indurla ove più conviene, da oriente a occidente, dagli inferi agli elisi, dal postribolo alla reggia più dorata.
Vero è che numerose donne, forse più per rassegnazione che per sorte, il “ratto” se lo sono fatto piacere, al punto di provocarlo e viverlo come complice scelta (usanza ancora residua nella cultura popolare nostrana, specie nel sud d’Italia). Ma esistono donne e Donne, vero prof?
Comunque, nel mentre mi scuso se ho turbato in qualche modo gli erotici abbracci degli uomini di questo blog con le metamorfiche sciamane di un mondo incantato e onirico, mi accingo a sciamare (o sciamana-re?) altrove con la mia ristretta coorte di fedelissime, lasciando a una nuova regina onore e onere di deporre le uova della conoscenza. Sotto a chi tocca.

Ennio Valtergano ha detto...

La diffidenza generalizzante di Aperegina mi rattrista. Tuttavia devo convenire che la storia passata, recente e attuale danno ampiamente ragione, nella sostanza dei fatti, alle annotazioni critiche e severe della nostra ospite. Allo stesso modo accetto e rispetto (mi perdonerà Aperegina, ma non trovo un termine diverso) il suo sacrosanto diritto a difendere l'inviolabilità tanto sua quanto del Femminile che rappresenta e che, nella sua individualità specifica, incarna.
Credo di avere espresso nel nuovo post quanto sia lontana dagli intenti che hanno originato La Signora del borgo e la stessa discussione nel blog ogni idea di espropriazione indebita di un mistero che semmai affascina, là dove per altri può forse diventare stimolo per volgari pretensioni di denudamento. Non posso negare, come essere appartenente al genere maschile, di sentire attrazione per la dimensione del Femminile, attrazione i cui effetti eventuali sono convinto che nnon possano che rientrare nei limiti di quanto Madre Natura ha stabilito per legge, in una prospettiva di integrazione e non di penetrazione. Ma tutto questo credo appartenga a una dimensione troppo personale per diventare suscettibile di disamina aperta, specie in un ambiente virtuale come lo è un blog. Nel quale spazio, semmai, è più opportuno - e forse anche più utile e produttivo - attenersi a tematiche culturali in genere, quali storiche e socio-antropologiche, del rapporto Femminile-Maschile piuttosto che avventurarsi su argomentazioni di difficile verifica e altrettanto difficilmente riconducibili alla concretezza dell'esperienza individuale.
Ciò che ho appunto creduto di indicare nel post pubblicato di recente, cui invito di nuovo a riferirsi per l'eventuale prosieguo di questo stimolante confronto.
Vorrei inoltre rassicurare su un punto la nostra Aperegina: nulla è venuto a turbare "gli erotici abbracci degli uomini di questo blog con le metamorfiche sciamane". Le quali sciamane possono, nella loro insindacabile volontà, decidere di "sciamanare" altrove oppure, nella loro benevolenza, di tanto in tanto lasciar cadere su questo blog qualche frazione del polline prelevato dai fiori di ancestrale sapienza.

Cristina Soraggi ha detto...

Ciao.
Wow. Per un lungo attimo ho temuto di essere finita in Wikipedia.
E ora che ho fatto la battuta ...
Ahimè! Non so che dire!
Nel leggervi, vedo innanzitutto che vi divertite e ciò mi fa piacere, mi fa felice.
Vi osservo con gli occhi spalancati, curiosi, affascinati dello spettatore.
E mentre mi affeziono a tutti voi, scavo in me stessa e nelle mie emozioni e impressioni.
Generalmente non amo le generalizzazioni.
Uomini e donne. Etero e omo. Bianchi e neri. Settentrionali e Meridionali. Cattolici e Mussulmani.
Ma non sono le persone che contano?
Posso dirvi che continuo a esserne convinta.
Leggendovi però si è frantumata la convinzione della mia presunta coerenza.
E mi chiedo: volendo dare maggiore importanza al dettaglio unificatore, la persona, piuttosto che ai diversificatori genere, razza, religione, etc; volendo "non generalizzare", vuoi vedere che mi sto "macchiando" della più totale, completa, assoluta generalizzazione?
A me un buon argomento sul quale lavorare, a voi un grazie per avermi piacevolmente intrattenuta.
Il libro l'ho letto: è preciso, ricco, piacevole.
I miei complimenti all'autore!

Ennio Valtergano ha detto...

Buon giorno Cristina e benearrivata!
La "persona" è la maschera, quella intrisa di spirito del tempo e di convenzioni; la maschera che talvolta pare assumere fattezze "aborigene" (senza per questo voler sminuire la dignità delle popolazioni autoctone del continente australiano) e tal altra finisce per "integrarsi sottopelle".
L'essere, invece, è altro ed è forse l'entità suscettibile di unificazione che non è, a mio modesto parere, omologazione e tanto meno massificazione, bensì convergenza verso un centro che a seconda delle preferenze possiamo chiamare "Unità", "Matrice" o "Sorgente di ogni cosa", come direbbe Eliside. Fatto è che sono convinto che tale convergenza richieda il progressivo abbandono delle sovrastrutture, delle convenzioni e dello spirito del tempo che impregnano la nostra "persona", pur nel mantenimento delle potenzialità e specificazioni individuali.
Ma tutto ciò è, ovviamente, un punto di vista (devo ancora capire se "personale" o dell'essere), confrontabile perciò con altri punti di vista.
Lieto che il materiale di questo blog sia per te motivo di riflessione e di lavoro a seguire e tutti noi, frequentatori incalliti con la presunzione di essere anche un tantino smaliziati, non possiamo che restituirti la stessa simpatia con la quale ci hai accolti.
A te anche un grazie per i complimenti e a tutti gli altri il rinnovato invito a inserire i propri commenti sotto il nuovo post.
Buon fine settimana!

prof ha detto...

Fra i molti modi in cui si specifica la vita, vengono in essere tante forme quante l’ambiente e le radici consentono. Si distinguono nella varietà - infinita per numero, durata, volume e struttura – quei tipi dove l’autore riconosce la propria azione: dunque intelligenti. Insieme con tale intelligenza il tipo umano matura l’organo della volontà e rende arbitraria la creazione del proprio individuo e del suo ruolo in Natura… da cui il famoso peccato.
Dati per assunti questi elementi, risaputi e perciò pontificabili senza esser pontefici, gli esseri sono genericamente maschio e femmina nell’atto riproduttivo della specie, ma non prescindono dalla propria duplicità sotto tutti gli altri aspetti in quanto ogni azione compiuta nel corso della vita individua ricade immancabilmente sul corpo che l’ha prodotta proprio come un polline nella terra della pianta stessa. Fisiologicamente la donna è certo più vicina a questo tipo di percezione mentre per l’uomo il senso della propria azione e delle sue ricadute appare più allargato e, per questo, meno evidente. Nondimeno entrambi sono fautori del loro destino: individuo, di specie e di ambiente.
Ciò premesso, la vita dell’uomo procede per integrazione di progetti mentre quella della donna per integrazione di stati, fermo restando che nell’uomo l’accento non ricade sullo stato mentre nella donna non ricade sul progetto. Il problema è dunque nel riconoscere a questo contrappunto la medesima frase musicale di origine e la medesima possibilità di evoluzione: non eguale per modalità ma per intelligenza ideale.
In ipotesi, certo, la riproduzione bi-genere serve alla razza ventura quanto il sesso agli angeli, ma non è perdendosi in cose πολεμικός - etimologicamente e sostanzialmente attinenti alla guerra – che si acquista forza bastante per levare lo sguardo alle possibilità dell’Uomo totale e alla possibile sua funzione nello sviluppo della Vita globale.

savio ha detto...

Dopo esser stato respinto come portaborse da prof, mi sono chiesto pure cosa mangia ma... il vero interrogativo è: "Quando vedi una bella donna - ossequi osselì non fa differenza - davvero pensi all’Uomo totale?!?!?".

Cristina Soraggi ha detto...

Qualcuno l'ha chiamata "evoluzione" e cioè la risposta fisica alle mutazioni di un contesto.
Però anche qui si diversifica e si separa la maschera dall'essere.
L'eterna necessità di classificazioni mi spiazza.
Ho una concezione del "Tutto" molto caotica e mi è difficile stabilire netti confini tra reale, indotto, immaginato, desiderato.
Per quanto mi riguarda, mi starebbe bene anche di vivere nell'immaginario di qualcuno, di essere uno dei miei tanti destini, di non "esistere". Poco mi cambierebbe.
Stento anche a credere alla maschera. Se è evolutiva, non riesco a definirla maschera, ma lo condidero adattamento della pelle.
Soprattutto non riesce a suscitare sospetti, in me. Piuttosto la vedo come normale equipaggiamento da portare nel gioco.
E nel gioco abbiamo il nostro ruolo: al carnefice deve corrispondere una vittima, all'arrogante l'umiliato, al prepotente il ribelle, e così via sino ad arrivare al bene e al male dove chi agisce pensa sempre di far bene.
E la maschera diventa, o è sempre stata, il nostro reale viso.
Tornando al libro, che è ciò che maggiormente ci interessa: facendo la conta, ci sono più buoni che cattivi ed è una donna a vincere contro tutto e tutti.
Ma credo che poco c'entri con la condizione della donna in senso lato. Se il protagonista fosse stato maschio, Don Costanzo avrebbe trovato ugualmente un pretesto per essere il "cattivo" della situazione.
Sono gretta, lo so.

Ennio Valtergano ha detto...

Quella della conta fra buoni e cattivi non mi è proprio venuta in mente e che sia una donna a vincere contro tutto e tutti fa parte del gioco della narrazione, anche se talvolta si verifica nella vita reale. Però non hai torto: se il protagonista fosse stato maschio, Don Costanzo sarebbe stato comunque cattivo. Lo so perché sono in grado di leggere nella natura e nel futuro di Don Costanzo.
Ma che tu sia gretta, proprio non direi...
Me lo fai un favore? Lasceresti un commento anche nella nuova sezione che ho aperto?
Ciao.

Cristina Soraggi ha detto...

Andiamo a vedere!

Adriana ha detto...

mamma mia sono rimasta assente tanto a lungo, che quasi mi vergogno a ricomparire,ora dovrei mettermi in pari leggendo commenti e fatti del giorno,vedrò........continuate a sentirvi qui,oppure ho dinuovo sbagliato blog????? Ciao a tutti