Presentazione

Questo spazio, amici lettori, è dedicato a voi.


Nato inizialmente per presentare al pubblico il mio primo romanzo, La signora del borgo
, il blog ha registrato subito le prime recensioni dei lettori e si è arricchito successivamente di molti altri argomenti che non erano soltanto quelli relativi ai temi trattati nel romanzo. Col trascorrere del tempo il blog si è caratterizzato sempre più come uno spazio multitematico, riempito soprattutto dai tantissimi commenti dei frequantatori, alcuni dei quali veri e propri fedelissimi, presenti sin dalla nascita del blog e tutt'ora attivi.

La pubblicazione del secondo romanzo, La fucina del diavolo, anch'esso edito per i tipi di Bastogi, insieme con le immancabili recensioni, ha ulteriormente alimentato i temi di discussione, accentuando il carattere del blog di volersi presentarsi come spazio aperto ma anche con uno stile proprio. Uno stile che lo ha contraddistinto sin dall'inizio e che, per certi versi, lo ha reso unico fra i tanti spazi interattivi presenti nel web: moderazione negli interventi e mantenimento del confronto sul piano delle opinioni.

Tutti coloro che vogliono far sentire la propria voce sono dunque i benvenuti e tutti devono sentirsi liberi di trattare gli argomenti che ritengono possano essere di interesse degli altri partecipanti alla vita del blog. Riservo a me stesso il ruolo di moderatore, ruolo che, per altro e fino a ora, non ha mai avuto motivo di andare oltre l'invito a tenersi nei limiti tracciati dagli stessi frequentatori.

Bene arrivati a tutti, dunque, e fatevi sentire.

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Spizzicando nella quotidianità

9 Settembre 2011 - Pensiero del giorno

La vita è come un aquilone, legato a un filo tenuto dalla mano infantile del fato.


17 febbraio 2012

Il pensiero va a Giordano Bruno, arso in Campo dei Fiori. Da allora si sono spente le fiamme del rogo, ma non quella della libera investigazione sulla natura dell'universo e dell'uomo.


14 marzo 2012

All'essere umano non è dato scegliere se essere o no intelligente, in compenso gli è dato scegliere se comportarsi da stupido.


7 Aprile 2012

Agli amici del blog i miei auguri per un rinnovamento radicale del loro Essere e che questa luna piena di Primavera faccia risorgere in loro, risplendente di nuova luce, la gioia per la Vita nel e per il Bene.

Le interviste a Ennio Valtergano

La Signora del borgo è stata ospite di Container, il programma culturale di Radiogoccioline, la radio web a diffusione globale.

Per riascoltare l'intervista trasmessa da Radiogoccioline clicca qui


Servizio TV sulla presentazione di Reggio Calabria del 28.12.2010

Per gli amici che lo desiderino, è possibile guardare il servizio sulla presentazione del 28.12.2010 a Reggio Calabria.

Il servizio, completo di intervista, è stato trasmesso da ReggioTV nel corso del Telegiornale del 29-12-2010 ore 14.

Per guardare il servizio, entrare nella Home Page di RTV e cercare, dopo aver cliccato nel riquadro "Guarda il telegiornale", il tg del 29-12-2010 ore 14. Servizio TV sulla presentazione di Reggio Calabria del 28.12.2010

Leggi l'intervista all'autore e la recensione al romanzo pubblicate l'8 marzo 2011 sulla rivista on-line Mondo Rosa Shokking , a cura di Carlotta Pistone

http://www.mondorosashokking.com/Morsi-Dal-Talento/Intervista-a-Ennio-Valtergano/


http://www.mondorosashokking.com/Dalla-Libreria-Rosa-Shokking/La-Signora-del-borgo-di-Ennio-Valtergano/


Una nuova intervista è stata pubblicata al link sottostante

http://www.ilpiacerediscrivere.it/intervista-ad-ennio-valtergano/



martedì 8 maggio 2012

L'incendio - Dal nuovo romanzo non ancora pubblicato

Ecco per gli amici che mi seguono sul blog un altro stralcio del romanzo in corso d'opera. Spero vi piaccia. Buona lettura!

L’incendio era avvampato d’improvviso. Violento.
I bagliori accesi dalle lingue di fuoco andavano a fondersi con i guizzi rosso vivo del tramonto, squarciando la volta di cielo sovrastante la cittadella. La prima a subire l’aggressione del fuoco era stata la scude­ria, costruita per massima parte in legno. Le pareti esterne non avevano impiegato molto per essere divorate dalle fiamme che subito dopo si erano estese alla struttura e alle travi di sostegno del tetto.
I nitriti delle bestie, levatisi allo sprigionarsi del fumo e delle avvi­saglie della combustione, avevano dato l’allarme e Melandro, aiutato dai figli, per fortuna tutti in casa, era riuscito a portare fuori i cavalli prima che accadesse il peggio. L’operazione era andata a buon fine, ma a costo di spendere tempo prezioso e così, quando lo stalliere e i figli avevano rivolto l’attenzione alle fiamme, queste, non affrontate e domate nei primissimi minuti e anzi alimentate dalla paglia presente in abbondanza, avevano avuto modo di avviluppare l’intera stalla.
Con uno schianto secco, mentre Melandro e i tre figli maggiori si stavano affrettando con tini e recipienti di fortuna, il tetto crollò in una esplosione di scintille e schegge incandescenti. I frammenti infuocati volarono dappertutto e alcuni di essi penetrarono attraverso una delle finestre della piccola abitazione adiacente alla stalla.
Fu questione di poco. Le urla di Claretta sovrastarono per un momento il rumore sordo e il crepitìo prodotti dall’incendio. Melandro mollò il secchio, che si rovesciò spargendo l’acqua intorno, e si precipitò dentro. Fu preso alla gola da una zaffata di fumo acre e caldo. Tossì più volte e in preda all’ansia fece correre lo sguardo in giro, cercando con gli occhi Claretta e il bimbo. Il fuoco aveva già aggredito l’asse che faceva da tavolo, i cavalletti che lo sostenevano e gli scanni; le prime fiamme avevano preso a lambire gli infissi e la porta. Presto si sarebbero avvinghiate a tutto quello che avessero trovato di combustibile.
– Claretta – urlò lo stalliere con voce roca, mentre si precipitava verso il letto.
Claretta era lì, gli occhi sbarrati e impietrita dal terrore, con Gede­one che le si abbrancava al petto urlando e piangendo.
Senza stare a pensare, Melandro afferrò la coltre dal letto e la gettò intorno alle spalle della moglie, coprendole la testa e facendo in modo che riparasse anche il piccolo. Afferrò Claretta per un braccio e la tra­scinò verso l’uscio, attraversando il locale invaso dal fumo. Appena fuori respirò a pieni polmoni e lasciò che la moglie e il piccolo facessero altrettanto.
– Lasciate perdere la stalla e pensate alla casa – urlò ai figli mentre si dirigeva verso il portone di ingresso. – Metto al sicuro Claretta e il bambino e torno da voi.
Uscì in strada e si trovò circondato dai primi volenterosi. Si trat­tava soprattutto di giovani, ma non mancavano uomini già maturi e qualcuno addirittura attempato: erano stati richiamati dai bagliori delle fiamme, a buona ragione preoccupati dalla possibilità che l’incendio si estendesse alle case vicine.
– Date una mano ai miei figli – li esortò con la voce ancora roca per il fumo ingoiato poco prima, – il fuoco ha attaccato la casa.
Melandro lasciò Claretta e Gedeone nei pressi di Rebecca, una co­noscente uscita anche lei in fondo alla strada, e tornò indietro di corsa. Urlò ai sopravvenuti di portare tutti i secchi e i tini disponibili: era indi­spensabile organizzare alla meglio una catena che consentisse di far convergere sul fronte delle fiamme, il più rapidamente possibile, l’acqua prelevata dal pozzo antistante la stalla, ormai ridotta a un cumulo di ma­cerie fumanti.
Nel volgere di poco la catena era all’opera. Due dei figli di Melan­dro si davano da fare al pozzo, mentre gli uomini, organizzati su duplice fila e al comando dello stesso Melandro, riversavano fiumi d’acqua sui resti delle travi ancora in fiamme e all’interno della casa dello stalliere. A giudicare dall’intensità e dall’estensione del fuoco, v’era da pensare che ben poco di quel che si trovava in casa sarebbe stato sottratto alla furia ignea. Ma gli uomini mostravano di non darsene da conto e anzi proce­devano con impegno, cadenzando l’azione di braccia e gambe sul ritmo degli incitamenti vocali. L’opera di spegnimento proseguì senza interruzione fino a tramonto inoltrato e finalmente il fumo nera­stro lasciò il posto alle volute biancastre, segno che il fuoco era ormai sul punto di estinguersi del tutto. Dalle due file si levarono espressioni di esultanza, seguite da energiche pacche sulle spalle e reciproche con­gratulazioni.
Ma l’euforia durò poco.
D’un tratto, così come erano esplose, le grida di vittoria si spen­sero insieme alle ultime fiamme visibili e gli sguardi si incrociarono nell’espressione smarrita della delusione.
I rigagnoli nerastri che fuoriuscivano dalle finestre di casa Tolomei non annunciavano nulla di buono.

Il mattino dopo, alle prime luci dell’alba, Sparviero si aggirava fra le macerie ancora fumanti, sotto gli sguardi esausti che bucavano volti anneriti dal fumo e rabbuiati dalla fatica. Aveva l’aria più torva che mai: della dimora dei Tolomei non era rimasto quasi più nulla oltre ai muri calcinati. Il capitano scavalcò quel che restava di una trave carbonizzata e procedette con cautela: il rischio di altri crolli era ancora vivo, anche se in piedi era ormai rimasto ben poco. Si lasciò andare a un’impreca­zione colorita, mentre osservava desolato la devastazione prodotta dalle fiamme. Se la distruzione causata dall’incendio non aveva assunto le proporzioni della tragedia, si disse, lo si doveva al lavoro instancabile degli abitanti della cittadella e dei suoi uomini, andato avanti per l’intera notte.
Usando il lembo della casacca a mo’ di straccio, uno degli appar­tenenti al piccolo esercito di volontari stava tentando invano di ripulirsi il volto dalla caligine nerastra.
– Gran brutto affare – commentò. – Si direbbe che il destino si sia voluto accanire su questa famiglia sfortunata, completando col fuoco la persecuzione iniziata quattro anni fa.
– Già – bofonchiò secco Sparviero. Si chinò verso la poltiglia in­forme per raccogliervi un oggetto che aveva attirato la sua attenzione. Si trattava di una posata. Di una forchetta, per la precisione. L’oggetto fa­ceva parte della minuscola collezione di strumenti tanto insoliti quanto rari che i Tolomei usavano a tavola in luogo delle mani o del solo col­tello. Di quella stravaganza era andata fiera soprattutto Corinda, la mo­glie del notaio Ugo Tolomei rimasta poi vedova col suicidio del marito. La raffinata ricercatezza della nobildonna, perita anch’essa in tragiche circostanze, era stata spesso materia di commenti e di spettegolio: evi­dentemente, l’invidia rappresentava una qualità non rara entro le mura della cittadella e le chiacchiere ci mettevano poco per rimbalzare di bocca in bocca, specialmente fra le donne di un certo lignaggio, quelle che non avevano di che trascorrere il proprio tempo.
Per un po’ l’ufficiale stette a osservare con curiosità tinta di mesti­zia l’oggetto deformato dal calore, poi scosse il capo e lo restituì al fango. Riprese a camminare, sempre tenendo lo sguardo all’altezza del suolo come se cercasse qualcosa, ma senza sapere lui stesso cosa stesse cercando.
Si avventurò per la scala in pietra, unica parte dell’edificio che pa­reva miracolosamente intatta, con l’idea di ispezionare il piano superiore e sempre che le condizioni dei resti glielo avessero consentito. Senza abbandonare la prudenza, saggiò la solidità del pavimento del ballatoio.
Pareva tenere.
Avanzò radente al muro, lungo il tratto che, a suo giudizio, offriva più sicurezza. Raggiunse il vano dove un tempo era installato l’uscio in legno massiccio. I cardini semifusi testimoniavano dell’inaudita violenza del fuoco. Buona parte del pavimento non esisteva più: sostenuto da travi in legno, era crollato una volta che gli era venuto meno l’appoggio. Delle travi portanti rimanevano solo alcuni monconi ancora incastrati nel muro. Sparviero considerò che, attaccata dal fuoco, la parte centrale delle travi doveva essere crollata piuttosto in fretta, lasciando i monconi semicarbonizzati ma ancora in grado di sostenere la parte periferica del pavimento, quella più vicina ai muri di sostegno.
Di nuovo, portò il piede destro in avanti, esercitando una decisa pressione con lo stivale. Rassicurato sulla tenuta, decise di avanzare con circospezione, sotto gli occhi allibiti degli uomi rimasti a guardare di sotto, preoccupati per quello che a loro aveva tutta l’aria di essere un comportamento sconsiderato.
Aveva fatto appena pochi passi quando notò in un angolo qual­cosa di strano. Con grande cautela raggiunse l’oggetto della sua at­tenzione e si chinò per raccoglierlo. Si trattava di un pezzo di legno se­micombusto, attorno al quale rimanevano avvolti dei frammenti di straccio, anch’essi, inspiegabilmente, non del tutto consumati dal fuoco. Sparviero fece scorrere uno dei frammenti fra i polpastrelli di pollice e indice e portò subito dopo le dita alle narici. Comprese all’istante.
Catrame.
Fra le mani stringeva i resti di una torcia rudimentale.
Dunque, l’incendio era stato appiccato di proposito. Probabil­mente innescato in più punti, concluse l’ufficiale. Chi aveva deciso di dare alle fiamme l’abitazione dei Tolomei aveva eseguito il lavoro con la precisa intenzione di distruggere ogni cosa.
Ma a quale scopo?
Scosse di nuovo il capo, tornò sui propri passi e riguadagnò la scala: lì non aveva più nulla da fare.

Continuazione 


 
Restava invece l’enigma di chi avesse avuto interesse a generare quell’inspiegabile disastro.
Un’altra gatta da pelare, si lamentò fra sé e sé mentre raggiungeva gli uomini di sotto. Finse di non accorgersi degli sguardi interrogativi che lo circondavano da ogni parte e tirò diritto. Prima di ogni altra cosa, si disse, avrebbe interrogato Melandro e Claretta, per sapere da loro se avessero notato qualcosa di sospetto nelle ore immediatamente prece­denti lo scoppio dell’incendio. Chissà come, si rammentò dello strano episodio dell’intruso raccontatogli proprio dallo stalliere alcuni giorni prima e per un momento pensò che i due fatti fossero collegati.
Raggiunse i figli di Melandro mentre i tre giovanotti erano impe­gnati a sgomberare i detriti che ingombravano l’area antistante la piccola dipendenza impedendone l’accesso. Nonostante tutto, l’abitazione dava l’idea di essere ancora in buono stato: di sicuro, la grande quantità di ac­qua riversata all’interno aveva evitato che le fiamme della scuderia prima e quelle sviluppatesi in casa Tolomei poi provocassero danni maggiori, oltre alla distruzione completa dei pochi arredi e delle modeste suppel­lettili.
– Non vediamo nostro padre da stanotte – disse il maggiore dei tre. – Dev’essere rimasto insieme a Claretta e al piccolo. Li troverete a casa di Rebecca, in fondo alla strada.
Sparviero ringraziò e si diresse verso la casa della donna. Cono­sceva Rebecca da sempre. Da diversi anni vedova del marito, vittima dei briganti sulla strada per Venezia ove era diretto per mercanteggiare in tessuti, la poveretta tirava avanti a stento, dandosi da fare con ricamo e cucito.
L’eco della confusione lo raggiunse quasi subito. Il vociare della piccola folla si mescolava al pianto disperato della donna e non ci volle molto perché lui ne riconoscesse la voce: era quella di Claretta.
Afferrato da un oscuro presentimento, coprì di corsa la breve di­stanza che ancora lo separava dalla casa di Rebecca, facendosi largo fra volti preoccupati e ragazzi gesticolanti. Trovò Claretta.in preda alla di­sperazione, singhiozzante e urlante fra le braccia del marito. Melandro aveva lo sguardo smarrito, come se stesse cercando intorno una risposta che non arrivava da nessuno e da nessuna parte.
Il piccolo Gedeone era sparito e, per quante ricerche fossero state condotte nella parte terminale della notte, di lui non era stata trovata traccia.

61 commenti:

Madame ha detto...

Caro Ennio, è sempre molto bello leggerti perché hai una scrittura ricca e fluida al tempo stesso. Questa volta ravviso però una imprecisione: nel tuo testo si evince che le torce sono preparate col catrame. Nel tardo Medioevo e ancora nel Rinascimento le torce erano preparate con bitume, non col catrame. Il bitume si ottiene dalla distillazione del petrolio grezzo mentre il catrame si ottiene dalla distillazione distruttiva del carbone fossile o di materiali carboniosi. Mentre bitume e pece erano usati fino dall'antichità l'uso del catrame è molto più tardo...
Sperando di esserti stata di aiuto, ti saluto con immutata stima e in attesa del tuo terzo - e senz'altro bellissimo - volume.
(P.S. Sono ingegnere... anche se ho fatto il classico)

Prof ha detto...

A mio parere (e senza essere ingegnere pur condividendo l’esperienza di studi classici) dato che la parola ‘catrame’ (AL QATRAN) deriva dall’arabo KATARA col significato di ‘distillare’ direi che Ennio l’ha usata in maniera propria. Anticamente si utilizzava la resina, specialmente di pino, carbonizzata (oggi si direbbe distrutta per pirolisi), da cui il termine relativo allo sgocciolamento della ragia nera. In questo modo venivano impermeabilizzate le navi. Il bitume, legato a sabbia e conosciuto come asfalto, fornisce un indicatore biologico importantissimo per l’identificazione della posizione geografica tanto che mediante uno spettrometro di massa e con la cromatografia a gas si può determinare il punto d’origine delle navi. Le prime ricerche sono state compiute dagli egittologi che avevano trovato catrame a preservazione delle mummie. La parola QATRAN è spesso presente nei documenti antichi, dunque può ben essere stata presente nel Medioevo… direi.

Il Rosso ha detto...

So per certo che nel XIV secolo si usava la fuliggine di catrame di faggio (bistro) per illustrare manoscritti…

Ennio Valtergano ha detto...

Eccomi a voi!
Intanto lasciatemi manifestare il mio più vivo compiacimento per il ritorno dell'amico Il Rosso e, con esso, la speranza che i problemi cui accennò nel suo ultimo intervento siano in via di positiva risoluzione.
Ma veniamo al post di Madame, che ringrazio per la stima e per le annotazioni "tecnologiche". Devo però dire che la scelta del catrame, come combustibile per la torcia usata a scopo di innesco, non è dovuta a una svista storica, almeno per quanto ne so fino a questo momento (per altro, una svista può sempre capitare e per questo sono pronto a ricredermi e ad apportare le necessarie correzioni ove si rendessero necessarie).
Ma andiamo con ordine.
Nel testo è detto che Sparviero trova i resti di una torcia rudimentale, fatta con un pezzo di legno attorno al quale erano stati avvolti degli stracci "imbevuti", a suo dire, di catrame.
Ora, il bitume si presenta in forma semisolida e dunque non idoneo a imbibire degli stracci, mentre il catrame è un combustibile fluido ottenibile dalla combustione del legno. Perciò, che Sparviero abbia rinvenuto tracce di quest'ultimo materiale non deve suonare come un anacronismo.
La tecnica per la produzione del catrame vegetale era infatti nota sin dall'antichità e conosciuta ancora nel Medioevo, tanto è vero che il catrame vegetale era prodotto nei boschi dai contadini per essere poi venduto nelle città per gli scopi più svariati, fra i quali la difesa. Infatti l'uso di proiettili costituiti da getti di catrame bollente era uno dei sistemi impiegati per la difesa delle mura.
Presso le popolazioni anglosassoni il catrame era noto col nome di 'Tar', evocante verosimilmente l'arabo 'al qatran', come ci ricorda Prof. Nè credo, come pure è avvenuto per un certo periodo di tempo, che si confondesse il catrame col bitume, sostanze che, come ben ci spiega Madame, sono del tutto distinte e di diversa origine.
Messe così, le cose parrebbero chiare. Ma sarà poi davvero così in via definitiva? Purtroppo, quando si ha a che fare col Medioevo resta un problema di fondo che rappresenta anche la maggiore difficoltà sul piano filologico: degli oggetti e dei materiali usati in quell'epoca a noi è arrivato quasi nulla perchè ogni cosa è andata distrutta dall'azione umana. Ci si deve allora avvalere, nella maggior parte dei casi, di quanto ci viene testimoniato dalle raffigurazioni artistiche (e qui Il Rosso ce ne offre un esempio). Diversa invece è la situazione per l'epoca immediatamente successiva e per le epoche antecedenti, per le quali ultime disponiamo delle testimonianze archeologiche.
Madame si augura di essermi stata utile. Devo dire che lo è stata senz'altro e per due motivi. Mi richiama alla necessità di tenere sulla corda l'attenzione per il rigore storico e posso testimoniare al riguardo che quando si tratta di scrivere di argomenti appartenenti a un passato non più recente non sempre è facile. In secondo luogo ha offerto un interessante motivo di discussione e di approfondimento che, sono convinto, alimenti l'interesse per il blog e non dispiaccia ai suoi frequentatori.

Il Rosso ha detto...

Caro Ennio, ti ringrazio per l’interessamento. Voglio invece dirti che ho avuto modo di vederti in rete durante la presentazione del tuo secondo romanzo con il giornalista Tonarelli. Ti invito quindi a condividere il mio stupore per l’incredibile rispondenza delle tue fattezze a quelle di Eraclito visto da Hendrick Brugghen. Considerando che anche a lui non interessavano fama potere e ricchezza - come dai tuoi interventi sembra si possa dire di te – sarebbe curioso introdurre l’idea di reincarnazione dopo quella di extraplanetarietà terrestre appena trattata. I migliori auguri di una Buona domenica a Te e famiglia.

Ennio Valtergano ha detto...

Caro amico, grazie per gli auguri che ricambio con eguale affetto.
Introdurre l'idea della reincarnazione sarebbe interessante anche se, nel mio caso, non saprei se richiamarmi a Eraclito oppure al personaggio che si è prestato come modello per l'opera di Brugghen, del quale poco conosco. Devo dire che al mio subitaneo e istintivo disappunto, suscitato dalle fattezze del nostro, si è opposto il parere della moglie la quale invece ha confermato la somiglianza, aggiungendo che il personaggio in questione non è poi così brutto come invece è parso a me in un primo tempo (ma anche in un secondo e oltre). Sarà che le donne interpretano la bellezza maschile secondo canoni a noi incomprensibili, oppure sarà per il fatto che il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge.
Ma, tornando al tema della reincarnazione, la domanda è: supposto che si tratti di una ipotesi non inverosimile, cosa è che tornerebbe a incarnarsi? L'individualità così com'era oppure una ipotetica entità che presiede all'organizzazione della individualità corrente e della stessa si serve, nelle sue successive e differenti riproposizioni, per espandere esperienza e consapevolezza?
Mah!

prof ha detto...

La tradizione antichissima vuole che per reincarnarsi occorra un albero. Gli Egizi ebbero una cultura fondata sulla vita latente e quella manifesta come due sponde dello stesso fiume. Veda e Upanishad in Oriente propongono la medesima idea e perfino Origene, padre della chiesa, asserisce la preesistenza delle anime. Rabbì Rachmay, maestro ebreo, sostenne che alcune empietà del passato ricadono su chi vive in modo apparentemente ingiusto nel presente. All’idea della reincarnazione si legano figure come quella di Platone, Pitagora, Empedocle, Pindaro. Shiva in India crea e distrugge i mondi mentre i neiplatonici ripropongono la visione reincarnazionista del loro più antico maestro. Marsilio Ficino, il Corpus Hermeticum, e un fiume di altri filosofi e altrettanti testi filosofici tramandano l’evidenza di una ciclicità che presiede alla vita. La Chiesa Cattolica attuale – che pure respinge l’idea reicarnazionista - propone ai suoi fedeli un ciclo continuo che va dall’Annunciazione di una nuova vita cristica alla morte e resurrezione della medesima.
La tradizione modernissima (new age) vuole che per reincarnarsi occorra un albero...

savio ha detto...

La prossima vita anche io voglio nascere prof e fare l'americano.

Ennio Valtergano ha detto...

E così un neo incarnato Carosone ritroverà lo spunto per una nuova canzone...

Ennio Valtergano ha detto...

Mi piace tornare sul tema degli ultimi post, questa volta con dei versi (e non per rubare il mestiere a Boiardo... A proposito, capiterà ancora da queste parti di tanto in tanto?)

Esci dal ventre e respiri;
rientri nel ventre ed espiri:
un momento,
nell'eternità del prima e del dopo.

boiardo ha detto...

Vista con gli occhi miei, la tua poesia ha un che di tragico. Nell’Orlando innamorato infatti IL COCODRILO (Ché ha il ventre assai maggior de un grande armario) non lascia molto tempo per respirare…

Ennio Valtergano ha detto...

Che bello rileggerti, Boiardo!
Il COCODRILO dell'Orlando non lascia forse il tempo di respirare, divorando all'istante ciò che gli capita a tiro e chissà se dopo piange lacrime amare!
Purtroppo, i coccodrilli eternamente voraci del nostro povero paese questo tempo a noi lo lasciano e soprattutto ci lasciano anche le lacrime per piangere...
I miei versi non vorrebbero suonare tragici, bensì richiamare alla infinitesima brevità della vita umana e alla necessità di non sprecarla.

il Rosso ha detto...

Le correnti artistiche hanno una caratteristica che le differenzia da quelle della quotidianità: sono sempre un passo avanti. Molti si sono chiesti se l'arte, anziché anticipare le idee, non le abbia invece prodotte e io, personalmente, propendo per questa ultima ipotesi. I tuoi romanzi sono romanzi di speranza e, spero, anche il terzo andrà in questo senso. Sarebbe un peccato se, come altri scrittori, al posto di fare il nostro tempo, tu ne fossi fatto. Invito quindi te e i frequentatori del blog a rivedere il quadro di Delacroix dove la libertà che guida il popolo ha una bandiera che sovrasta i fucili e la fierezza del volto femminile: nonstante i 180 anni, questa tela è più che mai moderna. Buona domenica!

Eleonora ha detto...

Fa piacere in questo blog trovare sempre qualche estimatore del nostro sesso e soprattutto della nostra peculiarità: guidare le idee. Bravo Rosso!!!

Ennio Valtergano ha detto...

Condivido il commento di Eleonora circa le peculiarità ineguagliabili del Femminile e mi associo nell'elogio indirizzato all'amico Il Rosso che per altro voglio rassicurare: non intendo farmi guidare dal tempo, né permettere allo Zeitgeist, suo figlio impietoso e fagocitatore di idee, di tiranneggiarmi. Il terzo romanzo, se e quando riuscirò a portarlo a termine, non tradirà il messaggio di speranza veicolato dai primi due.
Buona domenica agli amici del blog!

Ennio Valtergano ha detto...

Questa mattina sono stato ospite di una classe di 1° liceo: grande esperienza e sensazioni da portare dentro per giorni e giorni...

milascolano ha detto...

Come una goccia nera, mercoledì 6 giugno Venere si staglierà sul sole in una proporzione che sarà di circa 1 a 30 in virtù della vicinanza di Venere alla Terra.
All’alba di mercoledì come una lacrima, la potremo osservare sulla nsotra stella e, stante al pianeta, sarà una lacrima di amore?

Ennio Valtergano ha detto...

Grazie per la notizia, Milascolano, ben condita con un pizzico di romanticismo. L'alba è piuttosto sul presto ma, nuvole permettendo, penso che sia uno spettacolo che vale la pena osservare.

milascolano ha detto...

http://youtu.be/nbnXZLbBAhc
La natura può essere anche bellissima e non solo terribile come nei terremoti.

cristina ha detto...

Per milascolano - Non si vede nulla da questo link...

savio ha detto...

Quesito per Milascolano: cosa hanno in comune il passaggio di Venere e Naomi Cambell? La risposta alla prossima.

Ennio Valtergano ha detto...

...tutti in attesa della risposta di Savio che però ha dimenticato una 'p'. Tuttavia non credo che l'attesa della soluzione toglierà il sonno agli amici del blog. O no?

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Prof, ringrazio, insieme con la famiglia, per gli auspici di Buona Estate, che ricambio di cuore.
Ho sempre evitato di accennare ad argomenti che potessero anche indirettamente riferirsi alla politica, restando dell'idea che la politica, per lo meno per come è intesa e praticata nel nostro paese, si esprima sulla base di posizioni ideologiche le quali, a loro volta, generano fazioni portate più a scontrarsi che a incontrarsi. Per altro, l'egoismo umano e l'individualismo italico sono fin troppo esaltati perché vengano ulteriormente alimentati con prese di posizione che potrebbero essere fraintese come uno schieramento di parte. Tuttavia, ciò che sottoponi all'attenzione del blog è una verità innegabile che sta sotto gli occhi di tutti, così come è sotto gli occhi di tutti lo strozzinaggio pepetrato ai danni dei paesi più deboli (vedi Grecia, Spagna, Portogallo e la stessa Italia) da pochi potenti della finanza, dotati di ancor meno scrupoli. L'avidità senza limite di pochi sta consumando, nell'illusione di un arricchimento effimero quanto lo è la vita umana, crimini che solo apparentemente sono incruenti.
Personalmente non so fare previsioni per il futuro ma, forte della consapevolezza che l'umanità non sa imparare dalla propria storia, non riesco a intravedere prospettive rassicuranti e men che mai ottimistiche.
Il concetto di Unità della specie e, in senso lato, del mondo tutto, pare proprio che sia ancora parecchio di là da venire nella coscienza dell'essere di oggi. Anch'io, come te, mi auguro che la stirpe degli studiosi di buona volontà sappia ritrovare nella propria 'mater', radice della 'materia' che compone ogni essere, il senso della propria esistenza e la chiave per un futuro percorribile, monda da ogni egoismo e forgiata nel metallo aureo di un ritrovato spirito di affratellamento.

adriana ha detto...

Dopo lunga e penosa malattia ,ci sono riuscita,qui come ti giri,cambia tutto ,ed io, meschina,non riuscivo più a scrivere sul ruo blog.
Buongiorno a tutti,a chi si ricorda di me ed anche a chi non sa (buon .
per lui)chi sono.
Un bacione al padrone di casa

Ennio Valtergano ha detto...

Bentornata Adriana!
Non sapevamo nulla della tua 'lunga e penosa malattia', ma l'importante è che tu ne sia finalmente fuori.
Sono cambiate un po' di cose, è vero; sono arrivati amici nuovi ed altri li abbiamo persi (forse) per via. Il blog è, in piccolo, una metafora della vita, fatta di incontri e di allontanamenti ed è anche un fazzoletto di terra, con una minuscola polla di acqua sorgiva e non troppo in pianura, ove si cerca di seminare qualcosa.
Ricambio il bacione.

savio ha detto...

Naomi Campell è una Venere Nera e anche Venere è stata Nera quando è passata sul sole. E con gli ultimi post confermiamo che ce la vediamo Nera.

Ennio Valtergano ha detto...

Naomi Campbell, detta come ci ricorda Savio la 'Venere Nera', ha più volte dimostrato di essere uno spirito indomito e di possedere un caratterino niente male, fiera della sua bellezza ma anche della sua indipendenza.
La vecchia Europa è forse ancora troppo giovane come novella unione di stati e le manca soprattutto l'idea del tutto come integrazione delle parti, mentre le parti, per contro, fanno di tutto per conservare la propria identità e, ove possibile, l'egemonia.
Come Savio, anch'io la vedo nera (con o senza Naomi), ma non tanto per le debolezze giovanili dell'Europa, quanto per una preoccupante mancanza di lungimiranza e di intelligenza, la stessa alla quale si riferiva Prof, il quale, fra l'altro, accenna ai tre mesi estivi imminenti. Saranno i tre mesi che segneranno la fine della moneta unica e delle speranze che a quella avevamo legato, forse con prematura e ingenua spinta ideale?
Certo, quando ci si sveglia i sogni svaniscono, ma talvolta di essi, di alcuni di essi, resta la memoria. E la memoria significa incisione nella materia vivente.

Prof ha detto...

Hodierno die non tantum meo beneficio mihi vaco sed spectaculi, quod omnes molestos ad sphaeromachian avocavit. Nemo inrumpet, nemo cogitationem meam inpediet, quae hac ipsa fiducia procedit audacius (Seneca a Lucilio).
Non tanto a me stesso devo oggi il beneficio di esser libero da tutti gli importuni ma al gioco del pallone che li ha chiamati tutti a sé. Nessuno irromperà, nessuno verrà a impedire i miei pensieri che questa stessa certezza rende più audaci.
E il pensiero è: l’Italia può farcela, se vuole, dando il doppio per prevenire le conseguenze di un debito rigore…

milascolano ha detto...

Prof, mi aspettavo una parola su Franz Josef Wagner: “Der Italiener kniet vor der Jungfrau Maria, vor dem lieben Gott – und gleichzeitig ist er ein Killer….”!!!

Prof ha detto...

Solo un ignorante non si inginocchia davanti alla vergine Maria. Quanto all’essere dei killer… solo l’amore per un popolo lavoratore e fiero consente la clemenza sulla memoria storica. Quella stessa che, da domani, anche Frau Merkel dovrà riconsiderare. E il nostro Ennio ha visto il match?

savio ha detto...

Chillo studia, ma resta 'gnurante, nunustante 'o blasone nun riconosce 'a 'nu ratto 'n alifante, n'auliva de Gaeta 'a nu coglione.
Viva l'Italia!!!!!

sciacca ha detto...

Dissi ' u vermi a nuci: dammi tempu cca' ti spirtusu.
Disse il verme alla noce: dammi tempo che ti faccio un...buco.
(Proveerbio siciliano)

Ennio Valtergano ha detto...

Buonasera amici, sì, anch'io ho visto il match e mi sono lasciato andare a un sano entusiasmo. Devo dire che, nonostante tutte le previsioni contrarie, ero abbastanza certo che l'Italia avrebbe sconfitto il fiero alemanno. Purtroppo, bisogna anche annotare che nello stesso tempo un ben altro incontro, e con ben altra posta in gioco che non la finale, stava avendo luogo e con altri protagonisti, dalle cui decisioni dipendono le sorti di interi popoli. Voglio sperare tuttavia che la persistente invocazione della Merkel al rigore sia stata infine soddisfatta da quello concesso dall'arbitro con evidente benevolenza.

prof ha detto...

I giorni in cui ci si schiera a favore del bene di tutti sono i giorni di conquista evolutiva nella memoria della specie umana. Così accade per il Vecchio Continente, dove ci si scopre un po’ più fratelli di ieri, così accade per il nuovo, dove con una delibera storica il Congresso approva la riforma della sanità grazie all’appoggio di un repubblicano ritenuto avversario. Che sia per l’idea della giustizia (era formalmente possibile trattandosi di una tassa) o che sia per l’idea del civile diritto di ciascuno ad essere curato, ciò che ha vinto di là come di qua dall’oceano è il Bene comune fuori da qualunque asservimento a ritorni di tipo religioso.
L’epoca in cui viviamo è tale da non lasciare sopravvivenza alle cellule umane tranne che non siano aggregate in organismi: ma devono essere organismi in ogni analogico aspetto.
La storia insegna… ma forse si dovrebbe poter leggere meglio nei cavalli di Altamira.
Buon fine settimana a Ennio e famiglia e anche agli altri frequentatori di questo MAGnifico blog.

Ennio Valtergano ha detto...

Il concetto di Bene e, per derivazione, quello di bene comune, non possono venir disgiunti dal senso di giustizia, pena il rischio di lasciarsi invischiare nelle sabbie mobili del misticismo sentimentale e stucchevole o, peggio, nel buonismo senza costrutto, tranne quello di tacitare a mo' di alibi la propria coscienza.
Il senso del Bene porta necessariamente all'affratellamento, che è anche consapevolezza dell'essere tutti cellule di un organismo unico, come opportunamente ci ricorda Prof.
A proposito delle grotte di Altamira, colpisce il senso della tridimensionalità delle figure e la straordinaria padronanza della tecnica esecutiva che - e qui potrebbe di sicuro dirci qualcosa l'amico il Rosso - pare ricorresse a solventi per meglio ottenere i colori necessari alla bisogna, fra i quali l'ocra. Certo sorprende che esseri "primitivi" (si sta parlando del paleolitico superiore), avessero già sviluppato un tale senso artistico, oltre che meramente figurativo, sino a concepire addirittura forme astratte.
In effetti, bisognerebbe forse riscrivere la storia dell'umanità su basi diverse da quelle tradizionalmente accettate e insegnate per tali.
Ringrazio per gli auguri di buon fine settimana e mi associo a Prof nell'estenderli agli amici tutti di questo blog, angolo dove ci si ritrova volentieri e dove, voglio sperare, vi sia la certezza di trovare sempre una nota di serenità. Per fortuna di tutti, nessuno dei frequentatori cede alla tentazione di salire in cattedra, la quale la lasciamo a chi deve occuparla per legittimo titolo, ossia quello di MAGister. Intanto, noi ci teniamo, per dirla alla Prof, la MAGnificenza. Qualità, questa, non da poco. Credetemi sulla parola.

prof ha detto...

Alla fine del Wurmiano, il Mediterraneo appariva spaccato in due parti: una orientale e una occidentale. Il livello del mare, più basso di circa 200 metri evidenziava un passaggio quasi immediato tra Calabria e Sicilia e una vasta piattaforma tra quest’ultima e la Tunisia. Così troviamo strutture sommerse a Capocolonna e città paleolitiche a circa 300 km verso ovest dalal capitale del Mozambico di cui non sappiamo darci ragione alla luce delle conoscenze pubbliche. Chissà cosa c’era scritto nei testi che i Pitagorici vendettero a Platone, e perché fu necessario bruciare ogni traccia di quel passato scomodo. Fortunatamente la Pietra, una volta incisa, non smette il suo verbo sapiente… neppure in fondo al mare o nel cuore di una grotta.

Anonimo ha detto...

Posso portarvi con me all'esame?
:)Cristina

Ennio Valtergano ha detto...

Che simpatica Cristina.
A proposito, in bocca al lupo per l'esame di maturità!!!

madame ha detto...

Nell’Età del Ferro il mare arrivava ancora fino ad Alessandria… Andate a vedere la carta geografica ricostruita (inserite Mare Padano e Lago Gerundo)!

Ennio Valtergano ha detto...

Diversi anni orsono andai a trovare una amico che aveva un casolare nei pressi di Asti. Nelle immediate vicinanze dell'edificio sorgeva una sorta di duna sabbiosa stracolma di gusci di conchiglie... Nei dintorni non vi erano ristoranti; dunque è da escludere che la presenza dei gusci fosse causata dalla deprecabile abitudine di gettare colà gli avanzi di pasti consumati a base di frutti di mare.
In ogni caso, adesso vado a guardare la carta suggerita da Madame.

Ennio Valtergano ha detto...

Buonasera amici,
alla faccia di Caronte, un tempo traghettatore di anime e oggi portatore di caldo infernale, sono appena tornato da un delizioso concerto di musica antica. Protagonisti della serata alcuni componenti dell'Accademia del Ricercare (due flauti, un clavicembalo e un violoncello) e un soprano straordinario dalla voce cristallina. In alcuni momenti, flauti e soprano parevano fondersi in una sola voce, con effetti sublimi. Insomma, un vero godimento per l'udito e per l'anima, alla cui dimensione Caronte è stato estraneo per tutto il tempo (Savio, nella sua praticità tipicamente partenopea, annoterà: "e ci mancava pure che Caronte imbarcasse la tua di anima!").
Scongiuri a parte, che lasciamo all'incontro di domani con le Furie rosse di Spagna, formulo per tutti l'augurio più caldo (né potrebbe essere diversamente) per una serena notte.

yang ha detto...

Dove fai le presentazioni quest'anno?

Ennio Valtergano ha detto...

Ciao Yang, per quest'anno non ho programmato altre presentazioni oltre alle pochissime che ho già fatto. Ho ridotto di molto le apparizioni in pubblico, convinto che se un libro piace deve trovare il modo di circolare con le proprie forze e grazie al passaparola dei lettori. Diversamente, finirebbe che l'autore, facendosi prendere la mano, cominci a vendere sé stesso, sensazione purtroppo sperimentata sulla mia persona. Da qui, al fine di non restare vittima di un gioco che alla lunga fagocita ogni genuino impulso, la decisione di sospendere il vagabondaggio per le italiche contrade.

Prof ha detto...

L'uomo vende sé stesso quando tradisce - in senso etimologico - i propri ideali per metterli al servizio della sua persona. A tutti accade ed è accaduto ma, nell'uomo di cuore, è un attimo.
Restiamo in attesa di sapere cosa succede dopo che l'incendio è stato domato...

Ennio Valtergano ha detto...

Accontento immediatamente l'amico Prof con la pubblicazione della parte restante del capitolo relativo all'incendio.
Buona lettura agli amici del blog.

savio ha detto...

Aro' site finitì tuttì quantì?
'A vacca pe' nun movere 'a cora se facette magna 'e pacche d' 'e mmosche...

cristina ha detto...

Caro Ennio, ho appena finito di leggere un libro consigliato dalle mie amiche: molto MOLTO diverso dai tuoi. Cinquanta sfumature di grigio è una storia di sesso ma non basta il sesso per essere trasgressivi. Giselle lo è molto di più, malla gente piace questo, alle ragazze piace questo perché devono elggere cose cattive per vincere la paura di farlo e anche quella di amare.
Non leggerò il secondo ma sono molto triste.

sciacca ha detto...

Adesso spiego perché solo una britannica poteva scrivere un libro come Cinquanta gradazioni di grigio.
Non è colpa loro: non hanno colori.
Se di giorno prendi una barca e remi piano oppure vai a fare una nuotata a San Vito Lo Capo, Vendicari, Fontane Bianche, Calamosche, Capo Passero, Tindari, Scopello, San Lorenzo a Marzamemi, Lido di Noto...; se di sera ti senti un concerto in un anfiteatro o un Teatro antico, in un’arena, una cava di pietra, un castello a mare o un parco archeologico.
Se quando hai fame più che mangiare fai un’esperienza, e con pochi soldi: lo spuntino veloce con i dolci o gli arancini, le crocchette, i panini con la meuza o le panelle, le verdure in tutti i modi, la caponata; se hai le focacce come il cabucio o il pastizu, la rianata o la scaccia, lo sfincione o la guasteddda; se vuoi dilungarti a tavola e ci trovi sopra i cannelloni, le busiate, i ravioli, i cavasuneddi. E se quando hai sfizio di carne vai con le cotolette, le badduzze, le scaloppine e la trippa; e di pesce trovi le acciughe all’arancia, la stocca alla messinese, l’impanata o gli involtini, i crispeddi o le tunnine fritte, le sarde o il pesce spada a ghiotta; se quando ti fai vegetariano entri comunque in paradiso con frittedde, insalata turca, milinciani ‘ncudduriati, salamareci e pitaggio. Se quando hai nostalgia del formaggio c’è li che ti aspetta la ricotta siciliana vicino alla tuma, la cagliata, il caciocavallo, il primosale, la provola, il pecorino. Se vuoi sfidare la pancia e vai a dolci, gelati, cassate, granite, cannoli e quando bevi devi solo scegliere tra Marsala, Malcasia, Passito… E versare alla tua donna un bianco - Donnafugata, Alcamo, Etna – o un rosso – Cerasuolo, Nero d’Avola, Donnafugata rosso..
Allora non ti viene da prendere le manette e fare il cretino le frustate: l’erotismo è dappertutto.
Non c’è storia: questo è il problema dei britannici. Rispetto a loro noi siamo “chalk and cheese”: due realtà separate.

cristina ha detto...

Le mie amiche sono italiane... SIGH!!!

savio ha detto...

Quanno se fa l'ammore sott' 'a luna comme te vene 'ncapa e di': "i love you"?

sciacca ha detto...

Quando cresci, puoi sempre venire in Sicilia... C'è il problema del lavoro ma oggi, per solidarietà, c'è in tutta Italia.

Ennio Valtergano ha detto...

Citando Carosone, il buon Savio ci ricorda la saggezza spicciola partenopea e ci riporta al buon senso radicato nella nostra cultura la quale, ed è un segno dei tempi, diventa sempre più permeabile alle influenze d'oltre oceano o d'oltre Manica, o anche d'oltre...
Dopo i puntini sospensivi ciascuno ci metta quel che vuole: nel mondo della globalizzazione diventa sempre più comune trovare apporti estranei in ogni campo dell'umana espressione, compreso il modo di descrivere il sesso. D'altra parte, quando un romanzo, ma vale anche per le canzoni e la musica, ha il solo scopo di garantire tiratura, che esso si soffermi - e indugi - su determinati argomenti non deve più sorprendere. D'altra parte, nessuno è obbligato a leggere, così come resta una scelta quella di scrivere e di cosa scrivere.
Mi spiace che Cristina si rattristi, forse pensando a quanto lei stessa sia diversa dalle proprie coetanee, ciò che forse la fa sentire più sola. Tuttavia, bisogna dare per scontato che la diversità favorisce la solitudine e questo non è poi detto che sia un male. Bene fa, allora, l'amico Sciacca a ricordarci con il glossario delle tipicità sicule la bellezza delle cose semplici e accessibili, quelle che si presentano per ciò che sono.
In Sicilia - e faccio mio l'invito che Sciacca rivolge a Cristina - ci tornerei volentieri, e non necessariamente per presentare qualche romanzo, ma per godere del sole e del profumo di una terra che mi si è ancorata ai ricordi delle cose belle.

marsilio ha detto...

Noto con un certo rammarico che si sono diradate le presentazioni in giro per l'Italia e anche gli interventi sul blog del nostro Ennio. Sarà perchè il difficile mestiere di scrittore assorbe in modo totalizzante la mente di chi vi si dedica, ma qui manca lo stimolo alla ricerca e al gusto er l'improbabile che Ennio di cui aveva abituati a godere. Il centro Italia è molto caldo, e aspettiamo come frescura nuovi 'spunti' dal nostro autore ispirato. A presto dunque!

cristina ha detto...

Vedo che non sono l'unica a cui saltano le lettere del PC (al mio fa difetto la R!). Si Ennio, anche a me mancano i tuoi interventi arguti e le battute di Savio: a quando il ritorno?

Ennio Valtergano ha detto...

Annoto con piacere l'intervento di Marsilio, cui devo purtroppo confermare che ho praticamente annullato le presentazioni in giro per la penisola. In questo momento sono in vacanza a San Benedetto del Tronto dove mi godo il mare e il piacevole oziare, che riempio componendo musica con l'ausilio del pc. Dunque non è l'attività di scrittore ad assorbirmi, anzi devo confessare che è da qualche tempo che in tal senso batto la fiacca, in attesa dei momenti di più feconda ispirazione.
Per Cristina aggiungo solo che non mi assento mai totalmente dal blog, cui invece accedo spesso per vedere se vi sono novità postate dagli amici. Conto, tuttavia, di riprendere al ritorno dalle vacanze il ritmo di un tempo.
A tutti un caro saluto.

Prof ha detto...

Mi sembra che gli uomini non si rendano assolutamente conto della potenza dell'Eros. Se se ne rendessero conto, certamente avrebbero elevato templi e altari a questo dio, e dei più magnifici, e gli offrirebbero i più splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è oggi, quando nessuno di questi omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe più importante, perché è il dio più amico degli uomini: viene in loro soccorso, porta rimedio ai mali la cui guarigione è forse per gli uomini la più grande felicità. (Platone)

Ennio Valtergano ha detto...

Strani tempi, questi, nei quali anche i riferimenti all'eros paiono non destare più alcun interesse!
Sarà colpa della crisi?

sciacca ha detto...

Caro Ennio, ormai sei il primo a non interessarti del tuo blog…
I casi sono due: o hai smesso di scrivere (e allora il tuo è stato solo un esperimento che ha ‘giocato’ con noi del blog) oppure sei ormai troppo famoso per interessarti di chi ti ha seguito (e allora vale lo stesso discorso.
In ogni caso BUONA FORTUNA!

Ennio Valtergano ha detto...

Caro Sciacca, né l'una né l'altra cosa. Non sono diventato famoso (e non miro a diventarlo). Neppure posso dire di aver smesso di scrivere, anche se per il momento ho dovuto sospendere perché assorbito da altre incombenze portatrici di più alta priorità (ti garantisco tuttavia che i miei personaggi mancano soprattutto a me). Dunque nessun esperimento condotto alle spalle dei miei lettori e, in particolar modo, degli amici del blog (chi mi segue su FB potrebbe dire la stessa cosa, anche lì avendo ridotto la mia presenza ad apparizioni men che fugaci, anzi meteoriche per dirla alla Milascolano maniera). Il giorno in cui dovessi decidere di abbandonare il blog lo farei in maniera esplicita e dandone preavviso, motivato, primariamente a voi. Del resto, un commiato formale sarebbe come minimo doveroso verso chi mi ha seguito fino a questo momento con interesse e partecipazione attiva. Ammetto per altro di aver pressoché ridotto a zero l'impulso ad alimentare il blog, anche se non ho mai smesso di farvi le mie capatine quotidiane, dalle quali ho dovuto prendere atto di un significativo calo delle visite. Segno evidente, questo, di un corrispondente calo di interesse, senz'altro dovuto, come tu dici, all'assenza di stimoli da me prodotti.
Detto in tutta sincerità, dal momento che la mia attività di scrittore langue ed essendo questo spazio nato per mettere in contatto autore e lettori, mi domando: se l'autore smette di essser tale, a quale scopo i lettori (che per legge di reciprocità smetterebbero anch'essi di esser tali) dovrebbero sentire ancora la necessità di un contatto?
Rispondendomi da solo, dovrei dire che l'esperienza del blog dovrebbe aver insegnato che in realtà i nostri scambi non necessariamente erano improntati al contenuto dei miei romanzi e che anzi si sono affrontati spesso argomenti che con quelli avevano poco o nulla a che vedere. Questo significherebbe allora che il blog è andato maturando una diversa e più ampia ragione che ne giustificherebbe la continuità di esistenza. Ma è proprio così?
Senza voler peccare di immodestia, riconosco che il blog si è presentato nel corso di questi anni come una realtà atipica nel mondo della comunicazione in rete e forse si sente il bisogno che tale realtà non svanisca. Ma, mi chiedo di nuovo, è proprio così?
Vi sono poi altre ragioni, più complesse, attinenti alla consapevolezza del ruolo che ciascuno di noi gioca nell'universo variegato delle umane interazioni a indurmi a porre a me stesso altre domande. Sì, ancora domande, ma di ben altro genere e sulle quali penso sia meglio sorvolare per non annoiare lo scampolo di irriducibili che ancora si ostina a cliccare sul 'blog di Ennio Valtergano'.
A proposito di esperimenti, alcuni ne ho fatti, ma non nel campo della letteratura e neppure in quello della comunicazione in rete: mi sono dato, durante le vacanze e nei ritagli di tempo, alla sperimentazione nel campo della composizione musicale. Dopo aver prodotto un concerto in Fa maggiore, composto di tre movimenti: un "Tempo di minuetto", un "Adagio" e un "Presto", ho partorito un brano in Si bemolle minore che pare proprio un pezzo adatto a un funerale di prima classe... Sarà un segno premonitore?...Vedo già il buon Savio correre con una mano tesa alla ricerca di ferro da toccare e con l'altra portata decisamente in basso...
Buona serata a voi tutti!

Ennio Valtergano ha detto...

Che giornata del tubo, oggi!
Grande faticaccia per smontare lavello e sottolavello onde predisporre il lavoro per l'idraulico (perdita dal tubo di scarico). Sostituito il tubo, si è riscontrata un'occlusione e dopo oltre 4 ore di lavoro non si è venuti a capo di nulla, o meglio non si è capito un tubo. Si riprenderà domani... Intanto a me è venuta un'idea che, assente l'idraulico, sperimenterò domattina con la speranza di individuare il punto esatto dell'occlusione e così, se proprio si deve rompere, almeno lo si faccia nel punto giusto.
So che nopn c'entra nulla con gli argomenti del blog, ma avevo voglia di dare sfogo al senso di frustrazione che mi gorgogliava dentro, sempre per parlare di occlusione.
Buona notte e felice risveglio.

sibilla ha detto...

E da dove verrebbero, di grazia, queste pietre volanti?
– Chissà – fu la risposta di Eliside. – Forse l’universo non è come viene immaginato oggi dai dotti. E non dimenticate, Cecco, che costoro lo immaginano come lo ha descritto il filosofo Aristotele che è tuttora tenuto per autorità indiscussa. E proprio qui sta il punto della nostra conversazione e del compito affidato a Giselle… "
Oggi, fortunatamente, esiste la sociologia della scienza che aiuta a mettere in discussione l'indiscutibile e a evidenziare che se si supera l'insuperabile la verità in tasca non ce l'ha nessuno.