Buona lettura!
Monsignor Serpieri abbandonò il faldistorio sul quale era stato seduto sino a un momento prima, apprezzando il tepore diffuso dal camino. Purtroppo solo nelle immediate vicinanze, osservò il vescovo mentre si dirigeva verso il mobile dove custodiva i documenti importanti. Aprì l’anta laterale e ne estrasse un plico all’apparenza simile ai tanti ammucchiati sul tavolo. La differenza stava tutta nel contenuto, oltre che nell’autorità del mittente.
Giovanni Serpieri rimirò il sigillo papale e non poté trattenere un moto d’orgoglio: era salito davvero in alto sulla scala ambita della gerarchia ecclesiastica. L’ascesa, veloce e quasi esente da ostacoli, la doveva all’ambizione insaziabile che lo guidava fin dalla più giovane età. Certo, la brama di arrivare era stato il fattore determinante e di questo lui era consapevole, ma non poteva ignorare che a svolgere un ruolo decisivo erano stati anche gli appoggi della famiglia, una famiglia di antico rango e di spesso pelo che da diversi lustri aveva fatto dell’intrigo la ragione della propria vita. Il giovane Serpieri, rampollo promettente e sempre a proprio agio nel districarsi fra gli oscuri meandri della politica fatta di maldicenze opportunistiche e adulazioni interessate, aveva trovato, nel terreno corrotto e ipocrita di certa parte del clero, l’humus idoneo per piantarvi il seme dei propri sogni di grandezza e cogliere poi, piuttosto presto per la verità, il frutto maturo del potere rappresentato dal pastorale vescovile. Serpieri era giunto infatti alla porpora che aveva poco meno di trent’anni e adesso, a meno di quaranta e in odore di diventare cardinale, poteva vantare il prestigio che gli veniva dall’essere uno dei consiglieri più influenti del soglio pontificio e uomo di fiducia dello stesso papa. Non a caso Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, aveva voluto che fosse lui a sostituire il precedente prelato che l’Onnipotente, nella sua infinita bontà, aveva voluto chiamare presso di sé.
Slanciato nella figura, anzi ossuto, magro come una faina e bruno come un corvo, monsignor Serpieri emanava un fascino inquietante, sinistro a ben vedere, cui tuttavia si diceva non restasse insensibile un certo tipo di donne. Al riguardo non erano poche le voci, ovviamente sussurrate fra i pochissimi ammessi alla ristretta cerchia dei confidenti, che volevano Sua Eminenza piuttosto incline a godere dei piaceri del letto ogni qualvolta l’occasione offriva, oltre alla floridezza della carne, anche adeguate garanzie di discrezione.
Monsignor Serpieri rilesse la missiva ricevuta il giorno stesso: proveniva direttamente da Roma, dalla segreteria vaticana. Nel documento, indirizzato a lui e agli altri vescovi dislocati nei territori della Chiesa, il pontefice chiedeva di investigare, con la dovuta riservatezza, sui titolari delle signorie collegate alle rispettive diocesi. L’obiettivo era espresso senza mezzi termini: verificare il grado di fedeltà dei signori, ma anche e soprattutto capire l’eventuale reazione loro laddove il papa avesse deciso un’azione tendente a drenare il potere frammentato fra i vari feudi, di nome posti al servizio del papato, ma di fatto tendenti a consolidare lustro e ricchezza delle famiglie titolari. Lo scopo ultimo del papa, sebbene questo non fosse dichiarato in modo esplicito, non era impossibile da immaginare: se fosse andato in porto il progetto legato al viaggio in Francia di Cesare Borgia, ben presto e per il gioco della potente alleanza che ne sarebbe scaturita, vi sarebbero state le condizioni per dare il via a un’operazione militare di largo respiro, magari condotta dallo stesso figlio del papa e mirante a concentrare il governo dei territori della Chiesa nelle mani di un solo uomo. Tanto meglio se, in prospettiva, la monarchia che di fatto sarebbe andata a costituirsi avesse acquisito poi carattere ereditario.
Il vescovo ripiegò il plico che ripose al proprio posto. Una richiesta inoltrata dagli uffici vaticani, si disse, imponeva solerzia. Decise perciò che vi avrebbe dato seguito immediato. Afferrò il campanellino dal tavolo e prese a scuoterlo con veemenza.
Monsignor Serpieri rilesse la missiva ricevuta il giorno stesso: proveniva direttamente da Roma, dalla segreteria vaticana. Nel documento, indirizzato a lui e agli altri vescovi dislocati nei territori della Chiesa, il pontefice chiedeva di investigare, con la dovuta riservatezza, sui titolari delle signorie collegate alle rispettive diocesi. L’obiettivo era espresso senza mezzi termini: verificare il grado di fedeltà dei signori, ma anche e soprattutto capire l’eventuale reazione loro laddove il papa avesse deciso un’azione tendente a drenare il potere frammentato fra i vari feudi, di nome posti al servizio del papato, ma di fatto tendenti a consolidare lustro e ricchezza delle famiglie titolari. Lo scopo ultimo del papa, sebbene questo non fosse dichiarato in modo esplicito, non era impossibile da immaginare: se fosse andato in porto il progetto legato al viaggio in Francia di Cesare Borgia, ben presto e per il gioco della potente alleanza che ne sarebbe scaturita, vi sarebbero state le condizioni per dare il via a un’operazione militare di largo respiro, magari condotta dallo stesso figlio del papa e mirante a concentrare il governo dei territori della Chiesa nelle mani di un solo uomo. Tanto meglio se, in prospettiva, la monarchia che di fatto sarebbe andata a costituirsi avesse acquisito poi carattere ereditario.
Il vescovo ripiegò il plico che ripose al proprio posto. Una richiesta inoltrata dagli uffici vaticani, si disse, imponeva solerzia. Decise perciò che vi avrebbe dato seguito immediato. Afferrò il campanellino dal tavolo e prese a scuoterlo con veemenza.
33 commenti:
Oggi alle 15,40 c’è stata una forte scossa di terremoto, L’epicentro – dicono – è in provincia di Parma ma quello che non si è detto è che oggi, più o meno a quell’ora, a 60.000 km dalla terra è passato un ‘piccolo’ asteroide 811 metri di diametro). E quello che non si dice è che il medesimo è stato individuato appena due giorni fa…
A quanto pare è ancora tempo per i frammenti… se non di Valdinoce di chissà-quale-valle!!!
P.S. Complimenti per il nuovo personaggio.
Asteroide di 11 metri di diametro...
Cos'è il faldistorio? Non lo trovo nel dizionario...
sedia pieghevole con braccioli e spalliera, usata dal Papa e dai vescovi in alcune cerimonie liturgiche
io l'ho trovato...
Il faldistorio è una sedia con braccioli ma senza schienale e spesso munito di inginocchiatoio.
Oggi lo si userebbe per pregare che non ci caschino asteroidi sulla testa.
Ci sono due occasioni nelle quali bisogna prendere il dizionario: nei romanzi di Ennio e nei discorsi politici...
Fortunatamente i romanzi di Ennio te lo fanno prendere con curiosità, mentre i politici... Beh...
I politici te lo fanno solo prendere.
Ragazzi, lo prendo anch'io quando è necessario, cosa credete? Il dizionario, Savio, il dizionario...
Ma non è il dizionario. Però fa vedere le stelle... (o gli asteroidi?!?)
Quando non c'è Prof il discorso finisce sempre lì...
Anche con Prof, Cristina, anche con Prof... Le donne gli piacciono e i dizionari pure!
E' una prerogativa del blog quella di rimanere in tema pure girandoci intorno: Serpieri è il nome dell'Osservatorio di Urbino...
Bene, e adesso che è stata data libera esternazione alle pulsioni re-condite (condite di nuovo con doppio senso), vogliamo tornare al tema del post?
Rodrigo Borgia, nipote di Callisto III ex Alonso Borja arcivescovo di Valencia, avendo perduto il padre, seguì lo zio in Italia e appena venticinquenne venne nominato cardinale e vicecancelliere. Aveva doti non comuni in quanto conservò quel ruolo per trentasette anni e sotto quattro diversi papi. Difese la chiesa dall’eresia e fu abilmente al centro di tutti gli affari più importanti. In un’epoca in cui il mercanteggiamento della carica papale e l’assegnazione degli uffici in base ad alleanze politiche erano affatto comuni, i suoi sette figli appaiono un peccato veniale specie se si considera che fu a causa della sua prole che Rodrigo perse la freddezza lucida che gli aveva consentito di restare al potere. Diede mariti di facciata alle amanti e concentrò tutte le attenzioni sui figli, specie quelli dell’amatissima Vannozza… anche se poi la lasciò per la giovane Giulia Farnese (che ancora ricordiamo oggi nella nostra immagine all’estero, ben riecheggiata dai recenti governi).
Non vi sono prove tuttavia, tranne quella degli scritti poco obiettivi del Guicciardini, che Rodrigo Borgia avesse impalmato anche la figlia Lucrezia. C’è invece evidenza che Rodrigo non aveva abbandonato lo zio morente come invece aveva il fratello per timore di quanto poteva accadere ai protetti del papa precedente – specie se stranieri e spagnoli – quando il pontefice cambiava.
Rodrigo, che si mostrava devoto alla Vergine e non alla Chiesa, che divenne papa senza dire ‘volo’ (come doveva secondo la formola e come dovrebbe essere se il papa fosse tale ), lui, Alessandro VI, morì di malaria… Si dice invocando Lucifero, dopo aver accumulato miriadi di dispiaceri per le rivalità fra i suoi figli di vario letto.
Cesare, per cui padre Rodrigo falsificò documenti e mostrò il massimo compiacimento, non ereditò le doti di leader del padre né il suo carisma ma solo il potere.
E il potere, senza carisma, non va lontano.
Rodrigo Borgia poteva riformare la Chiesa: non lo fece.
Toccherà ad altri… più devoti di lui al volere della Vergine, l’unico volere che non si può tradire senza tradire sé stessi.
Davvero interessante la nota storica di Prof. Voglio ringraziarlo sullo stesso tono aggiungendo al post pubblicato ieri la parte che nel romanzo segue immediatamente lo stralcio riportato, così da completare il quadretto storico appena abbozzato.
Si tratta solo di poche righe.
Buona notte e grazie per la partecipazione.
Ho finito da poco di leggere La fucina del diavolo e come già avevo fatto per il tuo primo libro ti domando se Adinolfi e i suoi fanno parte di una tradizione esistita davvero o se nella società di Diana c'erano anche gli uomini.
Ieri avrei voluto venire a Bologna ma la neve me l'ha impedito... tu invece, a quanto pare, hai avuto buon fiuto ad allontanarti dal Nord nel momento cruciale! Probabilmente hai amici scienziati... hehehe!!!
Buon lavoro.
Ciao Michela, purtroppo la neve me la sono beccata tutta e proprio tornando da Bologna; ti confesso che per buona parte dell'autostrada Mi-To guidare non è stato agevole e ho impiegato una buona ora più del previsto. Comunque, il viaggio si è concluso felicemente.
Veniamo invece alla tua domanda.
La tradizione cui si ispirano Cornelio Adinolfi e i suoi non è un'invenzione letteraria e se ne trovano segni significativi dislocati lungo i secoli, per non dire i millenni, cosa che per altro non sarebbe azzardata, anzi. Diversa è invece la questione relativa alla 'Società di Diana', storicamente collocabile almeno due secoli prima delle vicende narrate nei due romanzi e alla quale, seppure idealmente, paiono collegarsi tanto Eliside quanto Giselle, sua allieva.
Nelle vicende narrate ho fatto riferimento alla Società di Diana allo scopo di mettere in risalto quell'aspetto della stessa Tradizione, ma coniugata al femminile, assai meno noto e del quale nulla o quasi nulla traspare attraverso le pieghe della storia. Forse perché la nostra cultura, intrisa come è di impronta patristica, anche in questo ha inteso relegare la donna in ruoli marginali e di secondo piano.
Lascia che ti domandi una cosa Ennio che volevo già chiederti da tanto.
Tu guardi nei segni della natura quando fai le tue presentazioni? Fissi gli incontri secondo precisi momenti? Oppure segui la legge degli uomini e guardi alle convenienze programmatiche?
Che strana domanda, Madame!
Vorrei tanto che le mie presentazioni fossero raccordate ai ritmi della Natura e tuttavia temo che la Natura abbia troppo da fare per interessarsi ai miei vagabondaggi per le italiche città. In verità non posso neppure dire di seguire convenienze programmatiche, ma mi muovo sulla base di quello che posso fare, in rapporto anche a ciò che le contingenze mi consentono.
Forse ti deludo, però posso affermare che nel corso delle presentazioni tento sempre di fare in modo che il tempo che dedico alla gente, e soprattutto quello che la gente dedica a me, non sia tempo inutile. Cerco il contatto, sempre; quello diretto, quello in grado di scavalcare le convenzioni del linguaggio, quelle sì.
Spero di aver soddisfatto almeno in parte il senso di ciò che mi hai chiesto e ti auguro una notte serena. A presto.
Da tempo sto osservando la frequentazione del blog e trovo che abbia un andamento strano: per giorni si registrano pochi contatti, distribuiti in maniera casuale lungo l'arco della giornata; capita poi, d'improvviso, che il numero dei contatti mostra un'impennata, con frequentazioni contemporanee e tutte addensate nell'arco di pochi minuti. Parrebbe quasi che ad attivare la connessione sia una sorta di onda sincronica che passa e mette in collegamento gli amici del blog, inducendoli ad affacciarsi pressoché nello stesso momento o, almeno, nelle stesse ore.
Boh! Ci sarà pure una spiegazione...
E con questa curiosa annotazione auguro a tutti la buona notte.
Caro Ennio,
ho trovato un libro intitolato “Le finestre sul canale” in cui viene mostrata Bologna proprio come la descrivi tu nel tuo “La fucina del diavolo” (vedi "La riscoperta di Bologna come città dell'acqua" da GOOGLE).
È semplicemente bellissima con gli affacci sull’acqua e le specie arboree del canale Navile!
E questo è uno dei motivi per cui apprezzo grandemente i romanzi storici, specie se intriganti e ben fatti come i tuoi: ti danno modo di conoscere aspetti delle città e del passato e di riviverli con la fantasia, trovando un pezzo delle nostre … italiche radici!
Grazie Sibilla e mi auguro che gli amici del blog si prendano la briga di visitare il link sotteso alla ricerca che suggerisci. Io l'ho appena fatto e devo dire di esserne rimasto affascinato. Sì, è la Bologna come l'avevo vista nella mia immaginazione. Anzi, devo dirti che le immagini vanno oltre l'immaginazione, se mi è consentito il gioco di parole. In ogni caso, sono davvero orgoglioso di avere lettrici e lettori così attenti e curiosi.
A risentirci!
Ciao, complimenti per il tuo blog e per tuoi libri!
Ps: Sono lisadagliocchiblu :)
Grazie, Lisadagliocchiblu, e benvenuta nel blog.
Dopo molta fatica sono riuscito a "postare" ... A ciò è stata dovuta la mia 'vacanza' etimologicamente intesa.
Mario Monti ha ricevuto da Obama complimenti per le nostre radici di italiana genialità...: sarebbe tempo di ritrovarle, in effetti. e non dimenticare che un'aquila le porgeva - partendo dai mondi laziali - a Giove capitolino. Senza di Lei - dea Roma di cui gli itali vitelli sono tutti figli - non ci sarebbe la matrice che sposa la tradizione magica vati...cana alla dea diana di cui pure parli nei libri tuoi.
Serviva dunque che il presidente degli Stati Uniti lo rammentasse a noi, discendenti della lupa e poveri di spirito. Noi cui quella povertà apre il regno dei cieli, se l'aquila vorrà e fino a quando Lei porgerà il flamine al Sommo... che imperatoriamente regna.
Perché è sulla Pietra che si costruisce ogni tradizione.
Prof hai superato te stesso! Se esiste la parola "SIBILLO cu 'e mmane" la dedichiamo a te. Qualcosa di pratico fa sempre bene.
Savio, amico mio, prova a leggere i commenti sibillini del nostro Prof come una sorta di sfida - e di stimolo - alla curiosità e alla voglia di capire oltre le parole scritte. Io, per come posso e per quanto posso, proverò a venirti incontro, traducendo (malamente)il significato arcano dell'oracolo prof-fico (brutto neologismo, ma avevo come alternativa 'prof-etico', che sarebbe suonato alquanto pretenzioso, a me, evidentemente, non certo a Prof).
Dunque, dicevo della traduzione.
Prendo le mosse dai 'vitelli' o 'vituli', termine che deriva da 'italòi', parola con la quale i greci indicavano la popolazione del meridione d'Italia (cui appartieni tu, prima di ogni altro, e perciò se ti si appella 'vitello' dovresti andarne fiero e non prendertela come se invece ti avessero detto 'manzo'). Ora, i vituli hanno rappresentato per estensione la gente italica nel suo insieme, gente che affonda le proprie radici nella Roma antica (la Lupa o meretrice sacra), senza la quale non vi sarebbe stata continuità per la tradizione magica 'vaticinante' (nel caso specifico, il riferimento di Prof alla Luna, intesa come simbolo del femminile, e quindi a Diana è d'obbligo).
Resta infine l'ultimo passo.
Siamo, è vero, dei poveri di spirito, ai quali, secondo il vangelo, è riservato il regno dei cieli, prerogativa che per altro non è affatto scontata, nel senso che per conquistare il cielo bisogna innanzi tutto imparare a volare (da qui l'aquila), facendo leva su una delle virtù 'divine' cui, sempre nell'antica Roma, era consacrato uno dei quindici 'flamine'. Resta l'enigma del 'Sommo', ma qui devo fermarmi anch'io e lascio a Prof l'onere di sbrogliare la matassa.
Magari sarò stato ancora più oscuro di Prof, ma di questi tempi e soprattutto al nord il gelo ha intrappolato anche le idee.
Sarò ignorante... ma dai vostri post di scrittori e professori io capisco che noi - anche tu Ennio! - da Roma in giù siamo dei cornuti, figli di p...lupa che dobbiamo essere fieri perchè a stare con le femmine in virtù del nostro oracolo pro-fico mandiamo avanti la spece.
Tutta sta fatica, e alla fine... i' "so'mmuo(rto)".
Giusto. Chi fa il mazzo dà le carte e distribuisce coppe e spade brandendo bastoni e rinunciando ai denari.
Qui vult capere capiat.
Prof, mi sa che ha ragione Savio e va a finire che, invece di farlo, il mazzo ce lo fanno.
Il tempo scorre in una sola direzione e non può essere speso in più modi alla volta, perciò bisognava fare una scelta: rinuncio a ogni forma di promozione dei miei romanzi, tutta gravante sulle mie spalle, comprese le presentazioni ed eccezion fatta per le pochissime già pianificate. Avrò tempo così di dedicarmi ai miei personaggi e alle loro vicende. I libri, poi, seguano il cammino tracciato per loro dal destino e incontrino i lettori coi quali riusciranno a stabilire un rapporto di reciproca affinità. Ho sempre detto che non scrivo per vendere ed è dunque tempo di tornare allo spirito d'origine...
Perchè scrivi che il monte Sibilla è il monte della signroa ispiratrice del romanzo? mi hai incuriosita...
Ciao Erika, il Monte Sibilla è, come dice il nome, dedicato alla leggendaria Sibilla Appenninica che, secondo il mito, aveva la sua residenza nella grotta che si trova nel cuore della montagna. L'ingresso della grotta è crollato da tempo e non ha più permesso che occhi curiosi turbassero la quiete della "Signora".
Della Sibilla Appenninica si racconta che fosse la regina delle fate del luogo, donne dotate di poteri straordinari e dedite in particolare alla pratica della terapeutica esercitata attraverso le erbe.
Alla figura della Sibilla Appenninica mi sono ispirato per creare Eliside, protagonista insieme a Giselle del romanzo che si intitola "La Signora del borgo", appellativo col quale viene indicata la stessa Eliside.
Dunque, il collegamento, almeno sul piano ideale e simbolico, tra il Monte Sibilla e il romanzo esiste ed è anche molto stretto. Considera inoltre che osservando il Monte da una particolare posizione, il profilo della montagna richiama alla mente l'immagine di una donna adagiata. Converrai perciò con me che la suggestione è davvero forte. Cosa ne pensi?
Spero, con queste poche note, di averti incuriosito abbastanza da indurti a leggere il romanzo e il suo seguito, "La fucina del diavolo".
Grazie per essere venuta a trovarmi nel blog. Buona giornata e serena domenica.
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