Presentazione

Questo spazio, amici lettori, è dedicato a voi.


Nato inizialmente per presentare al pubblico il mio primo romanzo, La signora del borgo
, il blog ha registrato subito le prime recensioni dei lettori e si è arricchito successivamente di molti altri argomenti che non erano soltanto quelli relativi ai temi trattati nel romanzo. Col trascorrere del tempo il blog si è caratterizzato sempre più come uno spazio multitematico, riempito soprattutto dai tantissimi commenti dei frequantatori, alcuni dei quali veri e propri fedelissimi, presenti sin dalla nascita del blog e tutt'ora attivi.

La pubblicazione del secondo romanzo, La fucina del diavolo, anch'esso edito per i tipi di Bastogi, insieme con le immancabili recensioni, ha ulteriormente alimentato i temi di discussione, accentuando il carattere del blog di volersi presentarsi come spazio aperto ma anche con uno stile proprio. Uno stile che lo ha contraddistinto sin dall'inizio e che, per certi versi, lo ha reso unico fra i tanti spazi interattivi presenti nel web: moderazione negli interventi e mantenimento del confronto sul piano delle opinioni.

Tutti coloro che vogliono far sentire la propria voce sono dunque i benvenuti e tutti devono sentirsi liberi di trattare gli argomenti che ritengono possano essere di interesse degli altri partecipanti alla vita del blog. Riservo a me stesso il ruolo di moderatore, ruolo che, per altro e fino a ora, non ha mai avuto motivo di andare oltre l'invito a tenersi nei limiti tracciati dagli stessi frequentatori.

Bene arrivati a tutti, dunque, e fatevi sentire.

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Spizzicando nella quotidianità

9 Settembre 2011 - Pensiero del giorno

La vita è come un aquilone, legato a un filo tenuto dalla mano infantile del fato.


17 febbraio 2012

Il pensiero va a Giordano Bruno, arso in Campo dei Fiori. Da allora si sono spente le fiamme del rogo, ma non quella della libera investigazione sulla natura dell'universo e dell'uomo.


14 marzo 2012

All'essere umano non è dato scegliere se essere o no intelligente, in compenso gli è dato scegliere se comportarsi da stupido.


7 Aprile 2012

Agli amici del blog i miei auguri per un rinnovamento radicale del loro Essere e che questa luna piena di Primavera faccia risorgere in loro, risplendente di nuova luce, la gioia per la Vita nel e per il Bene.

Le interviste a Ennio Valtergano

La Signora del borgo è stata ospite di Container, il programma culturale di Radiogoccioline, la radio web a diffusione globale.

Per riascoltare l'intervista trasmessa da Radiogoccioline clicca qui


Servizio TV sulla presentazione di Reggio Calabria del 28.12.2010

Per gli amici che lo desiderino, è possibile guardare il servizio sulla presentazione del 28.12.2010 a Reggio Calabria.

Il servizio, completo di intervista, è stato trasmesso da ReggioTV nel corso del Telegiornale del 29-12-2010 ore 14.

Per guardare il servizio, entrare nella Home Page di RTV e cercare, dopo aver cliccato nel riquadro "Guarda il telegiornale", il tg del 29-12-2010 ore 14. Servizio TV sulla presentazione di Reggio Calabria del 28.12.2010

Leggi l'intervista all'autore e la recensione al romanzo pubblicate l'8 marzo 2011 sulla rivista on-line Mondo Rosa Shokking , a cura di Carlotta Pistone

http://www.mondorosashokking.com/Morsi-Dal-Talento/Intervista-a-Ennio-Valtergano/


http://www.mondorosashokking.com/Dalla-Libreria-Rosa-Shokking/La-Signora-del-borgo-di-Ennio-Valtergano/


Una nuova intervista è stata pubblicata al link sottostante

http://www.ilpiacerediscrivere.it/intervista-ad-ennio-valtergano/



venerdì 29 ottobre 2010

Presentazione di Maria De Carlo all'evento di Potenza del 15 ottobre 2010

Cari amici,
propongo alla vostra attenzione la nota introduttiva alla presentazione de "La Signora del borgo", scritta da Maria De Carlo in occasione dell'evento di Potenza del 15-10 u.s.
Buona lettura!

“Quando in un libro una frase, una parola, ti riporta ad altre immagini, ad altri ricordi, provocando circuiti fantastici, allora, solo allora, risplende il valore di un testo. Al pari di un quadro, scultura o monumento quel testo ti arricchisce non solo nell'immediato, ma ti muta nell'essenza”. Faccio mie queste parole di Giulio Einaudi per descrivere il romanzo di Ennio Valtergano “La Signora del borgo”.
Per essere questo il suo primo romanzo Valtergano ha raggiunto le vette più alte della narrazione poiché ha fatto sì che il lettore - e porto la mia testimonianza - quasi per magia (quella stessa semmai che aleggia nel romanzo) è entrato in quella storia come personaggio invisibile che attraversa i luoghi dei protagonisti e con loro vive le vicende e la stessa ansia o attesa del nuovo!
Grazie a Ennio Valtergano e alla sua “...Signora del borgo” ho fatto un viaggio e come tutti i viaggi si ritorna a casa arricchiti e per la conoscenza, e per la bellezza dei luoghi ma soprattutto si torna cambiati poiché lo spirito si apre a nuove dimensioni lasciando che avvenga un mutamento. Forse perché insieme ai personaggi assistiamo alla loro inquietudine e al percorso che li porta al cambiamento.
Il luogo dove è ambientato il racconto non è di fantasia. E anche i personaggi citati rimandano a una storia e a un passato. Ennio Valtergano ha respirato la storia e la terra dove vive. E' parte integrante. Si è lasciato emozionare da quei posti al punto da farsi assorbire!
Romanzo variopinto, dalle mille sfaccettature, una trama nella trama con ordite trame....e non è il mio solo un gioco di parole! Vedrete dalla lettura!!!
Richiamo solo alcune suggestioni.
Il romanzo di Ennio Valtergano è “magico” per le sue pagine di poesia o di descrizione suggestiva come si legge a pag. 195: “L'abbondante nevicata aveva disteso con equanime uniformità il manto soffice e ovattato, il cui bianco abbacinante si diffondeva a perdita d'occhio. Soltanto all'estremo limite dell'orizzonte il candore si trasformava nel grigio perlaceo di una tenue foschia, raccordandosi a quello più intenso e compatto del cielo ancora carico di neve”. Una descrizione che alimenta l'immaginazione con la percezione di colori o profumi. E’ un romanzo che invita alla meditazione attraverso l'introspezione psicologica dei personaggi, e anche della storia - se si pensano alle pagine dell'Inquisizione e ad alcuni personaggi del periodo rinascimentale -.
Il romanzo “La Signora del borgo” appassiona, crea una suspence non inferiore a un giallo. Uccisioni....avvelenamento....enigmi da risolvere......, personaggi che si aggirano nella notte incappucciati....: ribadisco il mio invito alla lettura.
Ma c'è anche tanta dolcezza nella vita quotidiana di alcuni personaggi, dolcezza nei volti (suggestione visiva data dalla bravura dell'autore) e nelle parole.
Come pure la tenerezza che aleggia invisibile quale bene trasmesso da alcuni dei personaggi attraverso le parole e le azioni di Eliside, di Isabella e Lucrezia e poi anche dalla stessa Corinda e Claretta.
C'è la bassezza umana nel magistrato don Costanzo, ma c'è anche la speranza perchè su tutto avrà vittoria la giustizia, sorella della bontà personificata da Sua Grazia.
E' un romanzo che io proporrei a tutti – nessuno escluso, e magari anche a un regista per un bel film - con un’attenzione particolare semmai alle scuole: perchè il romanzo aiuta a rilegge alcuni periodi della storia, delle tradizioni e del pensiero umano: dal Rinascimento (è l'età del cambiamento, un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi. E' l'epoca in cui si sviluppano le idee di umanesimo, si afferma la dignità degli esseri umani), alla tradizione locale sulle leggende legate al Monte Sibilla.,....e il pensiero va a Antoine de la Sale (scrittore francese del '400 che perlustrò quei luoghi e ne realizzò una mappa). Ma il nome Sibilla è quello di una fata buona, veggente e incantatrice....può essere la signora del borgo. E Eliside (personaggio centrale dopo Giselle del romanzo), parlo del nome, richiama quello di Elisena nell'opera del trovatore toscano Andrea da Barberino: “Il Guerrin Meschino”.
E per il nome della protagonista Giselle, l'autore sembra aver giocato con il noto balletto tratto dal romanzo “De l'Allemagne” di Heinrich Heine, attratto dalla leggenda delle Villi (spiriti della tradizione slava) termine che ha radice slava, vila e che significa fata. Nulla è lasciato al caso dall’autore!!!
Il romanzo attraverso i personaggi diventa possibilità di riflessione sul percorso di crescita e di ricerca di senso, così come accade a Cecco, il fidanzato di Giselle (pag. 115): chi vogliamo essere? “...l'uomo in grado di determinare autonomamente le proprie scelte e forgiare così il proprio destino, oppure la copia sbiadita della personalità del padre e della madre insieme, perennemente e inconsapevolmente dipendente dagli schemi ereditati da loro”.
C'è l'animo umano messo a nudo - nel bene e nel male delle sue intenzioni -. C'è la malvagità dell'uomo (data dall'avidità, dal possesso, fino a spingerlo alla calunnia o all'istinto animalesco della violenza), mentre la malvagità della donna è descritta in termini di invidia o la gelosia verso la rivale, penso alla Gorgona.
Molto magnanime l'autore, molto buono, MOLTO dalla parte della donna!!! Quasi a descriverla vittima dei soprusi di un maschilismo che si è istituzionalizzato.
Gli uomini che incontrano Giselle, e non solo anche le donne, vengono trasformati. E' un incontro che segna. La donna può cambiare la vita di un uomo e lo fa nel bene.
E' il bene ricevuto che ci trasforma. Giselle afferma: “Talvolta la sofferenza è la via che la legge divina ci obbliga a percorrere per accelerare la nostra crescita, per il bene nostro e pro salute populi”. Un'affermazione che risuona in fra Anselmo da Sassoferrato come una vertigine: “D'un tratto tuto gli fu chiaro: il bene non era un concetto astratto e soprattutto non era fine a sé stesso. Il bene individuale acquistava un senso solo se posto al servizio di quello altrui...”.
Sullo sfondo anche Ficino e l'amore inteso come movimento circolare attraverso il quale Dio si disperde nel mondo a causa della sua bontà infinita, per poi produrre nuovamente negli uomini il desiderio di ricongiungersi a Lui.
Ma si può anche essere ciechi e ostinati, come don Costanzo...
Giselle dice a don Costanzo: “Tu, piuttosto, pensa a quanto miserabile è diventata la tua di vita! Ottenebrato dalla lussuria, ti sei ficcato in una strada miseranda e senza uscita...”.
Gli uomini del romanzo hanno imparato da una donna, hanno imparato a guardarsi dentro, a ritrovarsi, ad accogliersi. E' avvenuto un cambiamento.
                                           
                                              Maria De Carlo
                           giornalista de “Il Quotidiano della Basilicata”

lunedì 25 ottobre 2010

Un anno di blog

A fine settembre il nostro blog ha compiuto un anno di vita e devo dire che in fatto di vitalità forse non mi sarei aspettato tanto. Infatti, i riscontri sono andati ben al di là delle attese e qualche numero sarà assai più eloquente di quanto potrebbero esserlo le parole.
Diecimila contatti in un anno vuol dire una media di oltre trenta visite al giorno, con punte, talvolta, di oltre cento visite in un giorno.
Di là dal numero delle visite, sorprende invece il numero di interventi registrati: oltre mille (compresi i miei), perciò non meno di seicento commenti postati dai frequentatori di questo inusuale spazio di incontro.
Si sono registrati oltre cento nick name diversi, per altrettanti presumibili diversi visitatori. Quattro di loro sono rimasti anonimi. Alcuni visitatori sono intervenuti una sola volta o al più due (le meteore del blog) e altri invece si sono visti in modo saltuario. Vi sono anche state visite “a pacchetto”, con comportamento, mi verrebbe da dire, “quantistico”, nel senso che per un determinato visitatore si sono registrati diversi interventi in uno spazio di tempo ridotto e poi più nulla, oppure con ritorno mesi dopo e con modalità analoghe. In generale, ho notato che gli interventi a raffica seguono il primo a breve distanza di tempo, poi interviene l’assopimento, durante il quale non ho ancora capito se il visitatore si assenta soltanto dal commentare oppure dal blog a tutti gli effetti.
Infine vi sono gli “affezionati”, pochissimi devo dire, ma sono quelli che tengono in vita il blog. Veri e propri amici dal volto sconosciuto, coi quali e fra i quali si è intessuto un rapporto che travalica ampiamente i limiti del “virtuale”.
Tuttavia, al di là dei numeri, vi è un altro aspetto che ha costituito la vera sorpresa: la provenienza geografica dei collegamenti. Ecco di che si tratta.
A parte gli ovvi collegamenti dall’Italia e dai Paesi dell’UE (come Germania, Spagna, Regno Unito, Belgio, Austria, Slovacchia, Polonia, Paesi Bassi), risultano visite dall’Irlanda, dalla Svizzera, dagli Stati Uniti d’America, dall’Argentina, dal Brasile e perfino dalla Federazione Russa.
Dunque, se non temessi di peccare di presunzione, direi che il nostro è un blog planetario.
Che dire invece dei contenuti?
Su questi lascio a voi la parola. In fin dei conti siete stati voi con i vostri spunti a delinearne l’orientamento, che si è spinto ben oltre lo scopo iniziale di creare uno spazio circoscritto al romanzo, ai suoi personaggi e alle sue vicende. D’altra parte, il sottotitolo del blog parla di «Uno spazio interattivo per scambiare idee, riflessioni e commenti sui personaggi e i temi della narrazione. E non solo... ».
Ecco, dietro quel “non solo” ci poteva stare di tutto. E così è stato.

Buona frequentazione a tutti voi. Conto di rileggervi tutti e ancora per lungo tempo.

martedì 21 settembre 2010

Scrive una lettrice

« Oggetto: Il blog

Ciao Ennio,
ci ho provato ieri sera a leggere il blog. Sarò stata stanca ma ... ho fatto una fatica incredibile.
Trovo che sia tu che il prof, e qualcun altro che si affanna a starvi dietro, vi spingiate un po' oltre il comprensibile.
E' bello trovare un po' di cultura in un mondo sciatto, ma la cultura ha un senso quando arriva a tutti o quasi.
Trovo il tuo blog un po' troppo elitario e esclusivo.
Anche io, in troppi momenti, mi sento esclusa perchè mi perdo nel contorcimento dei vostri ragionamenti.
Ineccepibili .. credo. Ma troppo ricchi di citazioni non spiegate la cui comprensione è data per scontata ... per voi eruditi.
Ci trovo quasi un compiacimento di ciò e non riesco a attribuirtelo .. per come ti ho conosciuto e come continuo a conoscerti.
Il libro, sebbene ogni tanto rasenti lo stile soprascritto (lo sfiora senza perdersi in ragionamenti troppo articolati e ricchi di nozioni non propriamente popolari) è invece abbordabile dalla maggior parte della popolazione, è alla portata di molti.
Il blog è molto meno democratico.
Scusa se mi permetto quella che può sembrare una critica, ma è in realtà una supplichevole richiesta di scendere qualche gradino e avvicinare tutti coloro che, come me, hanno gradito il tuo libro.
Un altro "difetto": c'è un intreccio troppo caotico tra i vari post (ne ho letti quasi due: l'arazzo e l'ultimo). Rispondi in un post citando pensieri espressi nell'altro post (o in altri che non ho letto). Ti faccio un esempio pratico. Ad un certo punto rispondi al Prof. Cribbio! Non ero ubriaca! Rileggo perchè mi pareva di non aver trovato messaggi suoi in ciò che avevo già letto e in effetti non ce n'erano. Probabilmente ti riferivi a messaggi postati altrove.
A quel punto ho abbandonato .. frustrata.
Saranno i neuroni affaticati, sarà la mia scarsa capacità di concentrazione ma .. ieri sera ho fatto veramente fatica a seguirvi.
Ti ripeto .. è solo un'accorata richiesta di includere anche noi, lettori medi. Colpevoli, sì, di non aver studiato abbastanza, ma comunque aventi diritto a godere di pensieri che, scritti un po' meno aristocraticamente, potrebbero risultarci molto graditi.
Sogni d'oro, scrittore. Non ti offendere ... sono io che non sono all'altezza.
Ma mi pare carino chiederti di scendere per aiutarmi a salire. »

Mi è parso opportuno trascrivere per intero le considerazioni pervenute da una mia lettrice, oltre che frequentatrice del nostro blog. Credo che quanto espresso dia spunto per delle riflessioni doverose.
La parola a voi, amici. Io non mancherò di dire la mia, anzi, lo faccio subito.

martedì 14 settembre 2010

Maschile e Femminile: universi separati in casa?

Gli ultimi interessanti commenti postati da alcune amiche lettrici – e le repliche che vi hanno fatto seguito – hanno messo l’accento, con toni spesso “vivaci”, sulla dicotomia apparentemente non sanabile tra “femminile” e “maschile”. Problema antico, direte voi, e non nuovo neppure per il blog. In effetti basta percorrere all’indietro alcuni post per trovare sull’argomento interventi anche piuttosto pepati. Tuttavia, a guardar bene, si osserva che già da qualche tempo la questione pareva voler fare un salto di qualità, grazie soprattutto alle considerazioni sviluppate da alcuni fra i più assidui frequentatori di questo spazio virtuale. Ebbene, per quel che si è letto sinora, appare fin troppo evidente che la differenza fra maschile e femminile, così come è stata posta, non consiste solamente in una distinzione di genere ma si estende a due universi propriamente detti, ciascuno comprensivo di più dimensioni: quella biologica, psicologica, culturale e altre ancora…
Ma anche qui si tratta – ne convengo – di aspetti noti e arcinoti sui quali non varrebbe la pena spendere ancora tempo e parole. Se non fosse che, stando agli ultimi recentissimi post, tutti vergati da mano muliebre, l’universo femminile e quello maschile sarebbero condannati a restare separati senza speranza di ricongiungersi (prego qualche lettore usualmente avvezzo alle punzecchiatine sarcastiche di astenersi almeno in questo caso).
Dunque, due universi originati da una Madre comune – la Natura – conviventi nella medesima casa – anch’essa messa a disposizione da Madre natura – ma tra loro inconciliabili nella sostanza di fondo. Il contatto, laddove si pone, è puramente epidermico e si risolve nella tessitura delle relazioni sociali (spesso asimmetriche e di fatto non paritetiche), nei rapporti familiari (con posizione ancora diffusamente subordinata per la donna), nell’assolvimento della funzione riproduttrice (non suscettibile, questa, di essere usurpata) o di partner accessorio. Al di là di questo, la frattura tra i due mondi è e resta netta e incolmabile. Peggio, non vi è neppure modo da parte di uno dei due (quello maschile) di comprendere seppure solo per riflesso l’essenza dell’altro. Inutile, dunque, che l’uomo si affanni in un’impresa vana. Lo attende, inesorabile, l’insuccesso e ogni tentativo si dimostrerà per quello che è: uno slancio velleitario e basta. Questo nel migliore dei casi, quando cioè lo slancio faccia seguito a un impulso genuino a conoscere: a conoscere per amare con consapevolezza. Negli altri casi si tratterebbe di un ulteriore pretesto meschino per perseguire fini prevaricatori nei confronti della donna. Per “sostituirsi [a lei] anche nell’anima”, è stato scritto.

E allora? Allora partiamo dal romanzo.

Lo spirito e l’idea di fondo che animano “La Signora del borgo” non sono, né furono al momento della sua stesura, strumenti presi a prestito con l’intento di mettere a punto in maniera subdola e surrettizia una nuova prevaricazione nei confronti dell’universo femminile. Vi si dovrebbe invece cogliere tutta la genuinità della tensione verso una dimensione atavica e misteriosa, una dimensione guardata quasi con incanto, con pudore e rispetto – sì, rispetto – e come risposta al richiamo ancestrale cui neppure al maschile è dato sottrarsi. E questo sebbene da millenni e per millenni lo stesso maschile abbia fatto di tutto per tradire nel modo più vigliacco, infantile e folle quel richiamo che, in fondo, è il richiamo amorevole della Madre verso il figlio. Perciò, nessuna velleità di possesso. E neppure di un novello stupro, questa volta consumato sul piano e al riparo della libertà letteraria.
L’idea prima che ha gestito e partorito “La Signora del borgo” ha voluto animare sin dall’inizio anche le pagine di questo blog, per ripetere qui un tentativo che non fosse più solitario, circoscritto ai soli vagheggiamenti ideali dell’autore e alla curiosità di qualche improbabile lettore. Si è pensato che la stessa idea e lo stesso spirito potessero farsi qui condivisi e condivisibili, magari alimentando ulteriori riflessioni e proponendo altri punti di vista, primi fra tutti quelli delle auspicabili frequentatrici. In estrema sintesi, l’idea è la seguente: stimolare nel lettore una maggiore consapevolezza sul problema della dignità della donna. Problema purtroppo sempre attuale, come alcuni eventi ci ricordano quasi quotidianamente.
Un’azione, dunque, diretta ad entrambi i generi, senza distinzioni e senza pregiudizi di sorta. Un’azione modesta, senza eccessive pretese ma forte di un’altra consapevolezza, quella della realtà del mondo e della donna di oggi, così come della realtà storica che ha determinato le aberrazioni prospettiche passate e attuali.
Nondimeno, so anche che il mondo reale si trasforma per effetto delle idee, anche se le idee richiedono tempo, molto tempo prima che producano un qualche risultato visibile.
Questo era il programma minimo.
I fatti poi hanno sopravanzato di molto le aspettative e si sono toccati aspetti forse inconsueti del problema. E guarda caso è proprio su quelli che le donne hanno fatto sentire la propria voce.
Personalmente, non mi interessa catalogare il background socio-culturale sul quale si proiettano alcune delle prese di posizione espresse. Credo sia più accattivante il termine vero della questione emersa: il cosmo femminile è davvero precluso all’uomo? Se sì, perché? Se no, in quali termini e a quali condizioni può dischiudersi alla sua comprensione? E con quali conseguenze, se ve ne sono, per l’ulteriore evoluzione di lui e dell’umana specie?
L’antico aforisma secondo il quale l’Uno è in Tutto e Tutto è nell’Uno o è vero oppure non lo è. Ma se è vero, come è possibile che l’Uno sia in Tutto tranne che per una parte, quella maschile?
Lo sdoppiamento dell’incanto deve essersi imposto a un certo punto sul piano della manifestazione per necessità. Purtroppo, immagino che il risultato della divisione primigenia si sia propagato come istinto di separazione proprio nella parte che è venuta dopo, quella maschile, fino a caratterizzarla come tratto antropologico distintivo. Non a caso la rappresentazione collettiva del divino ha assunto nel tempo, in un secondo tempo, morfologia maschile, prima che il divino medesimo venisse separato dal tutto, ossia dalla Natura Naturante, per essere quindi relegato nel metafisico come realtà ontologica a sé stante. Fatto, questo, davvero significativo e che la dice fin troppo lunga.
O no?

sabato 10 luglio 2010

Un arazzo intrecciato sul filo del mito

A proposito di arazzi, oltre a quello citato dall'amico Il Rosso, vorrei portare all’attenzione degli amici del blog un altro e più antico esemplare di simili artistici manufatti, esemplare del quale si trova traccia nel corso del XV secolo grazie a un personaggio che “La Signora del borgo” menziona di sfuggita nelle primissime pagine. Il personaggio in questione è il Cavaliere Antoine de La Sale il quale, il 18 maggio del 1420, effettuò un’escursione sui Monti Sibillini, spingendosi sin nella grotta dove la leggenda voleva dimorasse la Sibilla Appenninica, la Domina, regina e protettrice della fate del luogo e dispensatrice di arcaiche conoscenze, legate in specie alle virtù medicamentose e terapeutiche delle erbe.
Antoine de La Sale pare abbia compiuto il viaggio nelle italiche contrade per dare seguito alle volontà espresse dalla duchessa di Bourbon, desiderosa di apprendere dalle voci popolari qualche notizia in più sulla misteriosa Sibilla e verificare inoltre che i monti del luogo, circostanti il Lago di Pilato, fossero quelli rappresentati nell’arazzo in suo possesso. In effetti l’arazzo riproduce, sebbene in modo stilizzato, il profilo caratteristico del Monte Sibilla e quello del Monte Vettore che si oppone al primo.
Ora, che il disegno di un arazzo abbia suscitato di per sé una tale curiosità nell’animo della duchessa Agnese di Bourbon, sino al punto di spingere il buon de La Sale ad avventurarsi in un viaggio lungo e dall’esito incerto, suona ben strano. A meno che non si dia credito all’ipotesi che l’eco della Sibilla Appenninica e l’alone di mistero che ne circondava l’icona avessero all’epoca assai più risonanza di quanto non si sia disposti a concedere oggi.
Tutto lascia perciò pensare che il fascino di un Femminino arcaico non si sia mai spento del tutto nel fluire del tempo e forse non è un caso che gli antichi alchimisti attribuissero alla loro enigmatica scienza l’attributo di Dama per eccellenza. Sarà anche per questo che, sempre secondo la leggenda, gli alchimisti portavano a consacrare i loro testi sulle rive del lago di Pilato perché, propizi il cielo stellato e la magica influenza della Signora, gli stessi testi dischiudessero i lucchetti che ne serravano i segreti e rivelassero ai loro possessori gli arcani di una Scienza altrimenti impenetrabile.
Fascino e magia di un tempo che fu.
Oggi l’essere umano è troppo distratto e troppo emancipato per prestar fede al mito e per dedicare un frammento della propria attenzione a testimonianze giudicate, forse con eccessiva disinvoltura, residui infantili di una umanità credulona.

lunedì 24 maggio 2010

Scrivere per vivere o vivere per scrivere?

Tempo fa, quando ancora non avevo raggiunto il pieno della maturità (ero suppergiù intorno alla trentina), fu mio ospite un amico di parecchio più avanti di me negli anni. Il personaggio in questione dipingeva da una vita ed era anche piuttosto affermato; e infatti alcune sue tele già occupavano le sale di musei famosi nel mondo. Orbene, nella mia ingenua spontaneità, commisi l’imprudenza di appellarlo “pittore”. Lui se ne ebbe non poco (tra l’altro era terribilmente permaloso) e non perse un istante a farmi notare quanto il termine fosse inappropriato.
– Sono un artista – osservò piccato – non un pittore. Ma forse tu non conosci la differenza che esiste tra un pittore e un artista. Devi sapere – proseguì con aria da docente forzato dalle circostanze a spiegare una cosa giudicata di universale notorietà – che un pittore dipinge quel che vende, mentre un artista vende quel che dipinge.
A distanza di anni il problema mi si ripropone, sebbene in termini differenti.
Parafrasando il mio lontano ospite, potrei dire che, analogamente, vi è differenza tra un pennaiolo e uno scrittore, nel senso che il pennaiolo scrive i romanzi che vende, mentre uno scrittore vende i romanzi che scrive. Spingendo più in là la differenza, si potrebbe ancora dire che il pennaiolo scrive per vivere e lo scrittore vive per scrivere.
E chi non appartenesse né all’una né all’altra categoria?
Il sottoscritto, ad esempio, non scrive per vivere (per mia fortuna) e neppure vive per scrivere (sempre per mia fortuna, la vita si è consolidata intorno a un asse portante che basta da sé per riempirla di significato). E difatti non amo definirmi scrittore; piuttosto, preferirei parlare di me come di un veicolo di idee e sensazioni che si esprimono attraverso vicende narrate.
Scrivo per dare corpo alle idee e alle sensazioni che mi attraversano quando immagino vicende, personaggi, scene, dialoghi.
Tutto qui.
E voi? Voi che leggete, cosa pensate?

giovedì 15 aprile 2010

Liceo 8 Marzo: un incontro da ricordare

Trovarsi di fronte non meno di centocinquanta giovani studenti, sebbene in due riprese, non è un’esperienza da poco, soprattutto quando si è separati da un salto di due generazioni e quando l’argomento non è forse quello che può incontrare i loro interessi più immediati.
Prima dell’incontro avevo pensato che l’ostacolo più insidioso sarebbe stato determinato dal linguaggio. Ammetto che non sono avvezzo al modo di comunicare dei teen-ager e il timore più grande era di non essere in grado di stabilire con un’età pervasa dal fermento del rapido cambiamento il ponte indispensabile per congiungere le sponde di due mondi oggettivamente distanti. Non è stato così.
La forza della gioventù è travolgente e contagiosa ed è stata davvero una questione di pochi istanti quella di entrare in sintonia con loro e stabilire un rapporto empatico visibile – così mi è parso – nella grande attenzione che i giovani studenti del Liceo 8 Marzo hanno dimostrato nel corso della conversazione. Devo immaginare che sentire dal vivo cosa può indurre un autore a scrivere un romanzo, come nasce l’idea che poi si traduce nella trama delle vicende narrate, come si costruiscono i personaggi, sia stata per tutti loro l’occasione per entrare in una dimensione della quale, come lettori, vivono e sperimentano il prodotto finale: il libro.
Non ho difficoltà ad ammettere che molto probabilmente ho ricevuto io da loro assai più di quanto sia stato in grado di trasmettere. Mi resterà dentro, come esempio vivo e significativo di quell’esperienza, il momento in cui, giunti sul finire, una ragazza alla quale una temporanea afonia impediva di formulare ad alta voce la domanda mi si è avvicinata per chiedere:
“Ma come è possibile per un maschio e per giunta della sua età far pensare, parlare e agire una ragazza della mia età?”
Ovviamente la domanda non è rimasta senza risposta. Tuttavia quella domanda, nel candore dell’immediatezza e della genuinità evidentemente propria dei giovani, mi ha indotto a riflettere e sono giunto alla conclusione che l’esperienza delle diverse età non è seppellita dal tempo ed è pronta a riemergere in superficie se conserviamo anche l’umiltà di volerla riassaporare.
Ma mi piacerebbe che sulle impressioni suscitate dall’incontro siano gli stessi giovani che vi hanno partecipato a far sentire la loro voce… Perciò, non abbiate remore a intervenire. Vi aspetto...

venerdì 19 febbraio 2010

Osservando le meteore

Quanti nomi! Lella Padovani, Cianciotta, Futurolettore, Brufolo, Greta, Giulia... e tanti, tanti altri. Quanti nomi passati come meteore per lo spazio di questo blog! E quante idee, quanti percorsi e quante esperienze dietro a questi nomi; storie di vita che avrebbero potuto incontrare altre storie, percorsi che avrebbero potuto incrociare altri percorsi...
Di quando in quando mi capita di rifare a ritroso il cammino del blog e ritrovare le orme di chi vi si è affacciato anche solo per una volta. Ogni traccia, soprattutto quelle che non si sono attestate in successione più o meno rapida e più o meno estesa, ma comunque bastevole per sostanziarsi in un tratto di strada percorso insieme, rappresenta la testimonianza di quello che avrebbe potuto essere e che invece non è stato. Dialoghi che si sono spenti sul nascere, talvolta sull'onda di una contrapposizione che avrebbe voluto essere solo dialettica e comunque mai straripante oltre i confini del confronto delle idee. Confronto vivace anche, ma mai, almeno per chi scrive, concepito in termini di contrapposizione personale. Anche quando si è posta la necessità di puntualizzare con rigore un punto di vista, o arginare comportamenti che avrebbero potuto risultare lesivi dell'altrui sensibilità, si è cercato di restare entri i limiti di una civile presa di posizione. Chissà, forse l'esigua capacità espressiva offerta dalla comunicazione virtuale non ha consentito, in tutte le occasioni, la scelta della chiave di lettura idonea. Non si può sapere. E neppure è dato di sapere se i tanti che si sono manifestati  nell'intervallo di un lampo - come meteore, appunto - appena il tempo di postare il proprio intervento o al massimo un paio abbiano o meno continuato a seguirci lungo la via, anche se in silenzio. La dimensione nella quale si colloca un blog è fatta così: non offre modo di avvertire la presenza di chi non decida di transitare, anche solo con un segnale e per un solo istante, dal virtuale al reale. Resta tuttavia  il ricordo dell'incontro e anche un pizzico di nostalgia, come talvolta accade in stazione o all'aeroporto, dopo che, in attesa della coincidenza o del volo, si è avuta l'opportunità di scambiare due parole con qualcuno che con ogni probabilità non si rivedrà più.
In ogni caso, bisogna dire che anche le meteore hanno un proprio fascino e non è detto che la magia del loro istantaneo apparire si spenga insieme alla scia del loro passaggio.

domenica 3 gennaio 2010

Agorà 2010

A tre mesi dalla nascita del blog vale forse la pena sostare un attimo per un rapido bilancio.

Il blog era partito con l’obiettivo assai modesto di presentare un romanzo in via di pubblicazione e predisporre uno spazio aperto ove i lettori potessero confrontarsi con l’autore – ed eventualmente fra loro stessi – sui temi attinenti alla narrazione. Un obiettivo modesto, si diceva, che evidentemente non aveva tenuto in conto un elemento inaspettato: la spumeggiante propensione dei visitatori a muoversi in ossequio alla più ampia libertà di manifestare le proprie idee. E difatti ciascuno si è mosso nella direzione maggiormente consona alle personali inclinazioni e al taglio degli interessi culturali prevalenti.
Devo per altro constatare che ai rari vincoli indicati come condizione necessaria alla partecipazione attiva alla discussione, ossia confronto sereno sulle opinioni, rispetto e tolleranza reciproci, pacatezza nei toni e nelle valutazioni, ci si è adattati con sorprendente (dati i tempi) e immediata disponibilità. In questo senso, qualche intemperanza nello stile – raramente verbale – ha rappresentato per lo più un’eccezione isolata e circoscritta. Immagino che in uno spazio aperto e in assenza voluta di qualsivoglia controllo o filtro preventivo, qualche intervento un po’ fuori dalle righe sia da considerarsi fisiologico e dunque non faccia testo più di tanto.
È invece balzata evidente – quella sì che è stata una sorpresa – la voglia di comunicare a tutto campo, di intrecciare rapporti che si consolidassero rapidamente oltre l’effimero. Tale richiesta di 'socializzare', sebbene non espressa in via esplicita, credo sia stata favorita dall’impronta data da subito al blog e tutta condensata nei requisiti minimi cui si faceva cenno prima. Questo fa pensare – e sperare – che sia tuttora intatto il bisogno di luoghi e modi di espressione nei quali il confronto non si risolva sempre in scontro e lo scambio di opinioni venga considerato reciproco arricchimento e non occasione per far prevalere il proprio punto di vista.
Così, da blog potenzialmente monotematico o al più a contenuti omogenei, questo spazio virtuale si è trasformato in un luogo aperto al libero confronto sugli argomenti più disparati. Se il termine non suonasse eccessivamente presuntuoso, direi una sorta di ‘Agorà’ frequentata in prima istanza dagli interlocutori più assidui e appassionati. Non per questo, però, mi sento di considerare da meno quei visitatori che, sebbene non ugualmente costanti, hanno comunque assicurato il loro prezioso contributo. Al riguardo, onestà vuole che la minor frequenza sia da limitarsi ai soli interventi, dato che il numero di visite giornaliere si è mantenuto pressoché costantemente elevato.
Tuttavia, forse un motivo per qualche rimpianto sussiste: avrei sperato che il blog diventasse un punto di attrazione anche e soprattutto per i giovani. Non è stato così, fatta salva, anche qui, qualche rara eccezione. E questo è di certo un argomento sul quale riflettere e le domande sulle cause possibili sono tante: il livello degli interventi? il tono? gli argomenti? l’eventuale mancanza di immediatezza? il linguaggio? la distanza concettuale oltre che generazionale?
Diagnosi e proposte su tale argomento, che ritengo cruciale oltre che rilevante, saranno le benvenute e accolte con la massima attenzione.
Quali, allora, le linee per il prossimo futuro?
Nessuna in particolare, se non un auspicio e un impegno. L’auspicio è che il blog mantenga lo stile che lo contraddistingue, stile che forse lo rende raro, se non unico, nel bailamme volgare e superficiale della rete. L’impegno è quello di preservarne l’atmosfera da ogni intrusione inquinante e di tenerlo, come è stato fatto fino a ora, al riparo dai virus devastanti delle ideologie.

A tutti, buona permanenza nell’Agorà.